Il controllo della rete è fuori controllo

In Iran e in Cina, i dissidenti cercano in internet uno strumento per connettersi, organizzarsi e in qualche caso esprimersi. Talvolta è l'unico strumento che hanno per esprimersi.

Se usano la rete i dissidenti, rischiano molto. Perché le autorità di paesi come Cina e Iran controllano la rete e cercano di usarla per trovarli. Evgeny Morozov lo ha spiegato con grande attenzione, arrivando a dire che è sbagliato pensare che internet porti automaticamente la democrazia e la libertà. E ha davvero ragione: la lotta per la democrazia e la libertà è come sempre una storia complessa, mai frutto di una mera tecnologia.

I dissidenti che vogliano avere un impatto razionale non devono farsi trovare: solo se restano clandestini possono organizzare e portare a termine la loro strategia. I dissidenti che vogliano invece avere un impatto emotivo, romantico, tendono a fare dimostrazioni – in piazza e su internet – che li mettono in grave pericolo: è proprio la sfida a quel pericolo che li trasforma in eroi, simboli della lotta per la libertà, ai quali altri faranno riferimento per portare avanti i loro valori. E' assurdo sperare che i dissidenti diventino eroi. E' bello pensare che tutti possano sopravvivere e che possano vincere senza rischiare. Ma non sarà mai così, internet o non internet.

Ora pare che il governo americano voglia dotarsi di nuovi strumenti per intercettare le conversazioni che avvengono in rete, anche imponendo modifiche nell'architettura di software popolari come Skype e Facebook. Questa innovazione normativa è motivata dall'esigenza di combattere il terrorismo.

La lotta al terrorismo degli americani e la lotta ai dissidenti degli iraniani non possono essere paragonati. Ma fanno emergere un paradosso: qualunque regola si applichi a internet finisce con l'avere gli stessi effetti sugli amici e sugli avversari. Difficile distinguere. Non si può fare una guerra senza vittime civili, non si può controllare la rete senza impedire agli innovatori di generare tecnologie stupefacenti. Non si può lasciare libera la rete senza rischiare che i nemici se ne approfittino.

Hillary Clinton aveva applaudito all'introduzione di un software anticensura realizzato da Austin Heap. Avrebbe consentito, si pensava, ai dissidenti iraniani di comunicare senza farsi trovare. Ovviamente, ha detto Morozov, avrebbe potuto anche essere scoperto dalle autorità iraniane e usato per scovare i dissidenti. Oppure avrebbe potuto essere scoperto da terroristi e usato contro gli americani. Che a quel punto avrebbero dovuto introdurre regole per tenerlo sotto controllo, come ora vogliono fare con Skype. Il paradosso è che quel software molto pubblicizzato è stato un buco nell'acqua e non andrà avanti: chi ne sarà contento? i dissidenti? i terroristi? gli iraniani? gli americani? Come si spiega che il governo americano applauda all'internet che libera gli iraniani nel momento in cui si preoccupa dell'internet che libera i terroristi?

Si spiega dicendo che internet non c'entra.

Internet è una tecnologia fatta in modo tale da consentire un'enorme capacità di innovazione. Chiunque abbia un obiettivo può combattere con due strategie: essere più innovativo degli altri oppure obbligare gli altri a essere meno innovativi. Per la verità, gli americani sono più bravi nella strategia di vincere la competizione innovativa che nella strategia di impedire l'innovazione. Se si concentrassero sulla loro eccellenza, farebbero bene a puntare sull'innovazione più che sul controllo.

Ma tutto questo lo sanno. Evidentemente il dibattito apparente è meno importante del dibattito sottostante. Internet purtroppo si può usare anche per fare la guerra. E la guerra dell'internet si combatte tra stati, tra gruppi criminali, tra terroristi, senza grandi difficoltà e differenze.

Gli Emirati Arabi e l'India pensano che il BlackBerry si possa usare anche per fare la guerra. Gli Stati Uniti pensano che Skype si possa usare per fare la guerra. La Cina pensa che Google possa essere un'arma dei suoi avversari. Tutto questo li porta a decisioni più o meno razionali. Ma dimostra soprattutto che gli stati ormai si confrontano tra loro e con i terroristi, i dissidenti e le multinazionali.

Il dibattito sul controllo di internet è fuori controllo perché non riguarda internet. Riguarda l'assetto del potere nel pianeta. E gli stati si comportano come se lo stessero perdendo. Imho.

Se ne parlerà all'StsForum.

  • Luca De Biase |

    un labirinto dal quale non usciamo con i discorsi di principio dei quali i potenti si interessano troppo poco. i criminali vanno perseguiti, i liberi pensatori vanno lasciati parlare, i cittadini vanno sostenuti in tutta la loro cittadinanza; le minacce a tutto questo vengono da ogni parte (stati e organizzazioni); l’autodifesa dei cittadini è almeno nella loro capacità di mantenere e arricchire la consapevolezza delle persone che usano la rete (e, perché no?, inventare incessantemente sempre nuove cose che portino avanti un po’ di utopia…)

  • Laura De Dominicis |

    È indispensabile regolamentare la rete anche per evitare che singoli indifesi si ritrovino in balia di manipolatori senza scrupoli, o peggio, di teppistelli improvvisati pronti ad attaccare chicchessia per trarne lucro personale rapido ed anonimo. Si potrà parlare di democrazia in rete solo quando riusciremo a bandire i nicknames, in favore di un democratico nome e cognome finalmente sinonimo di VERA libertà. Fino ad allora ritengo condivisibile quanto sostenuto da A.Meli :«C’è un sacco di gente a spasso in cerca di avventure… molto meglio tenerli nella rete» (Inadeguato -come me-). D’altra parte non c’è atteggiamento più “inadeguato” che considerare la rete, costruita su basi matematiche, immune da controlli e mappature…scientifiche.

  • eugenio |

    per quanto mi riguarda ritengo riduttivo affrontare il problema internet (se di problema si deve parlare) unicamente per la funzione antiterrorismo. il terrorismo c’è sempre stato e per quanto ne so, ha visto il suo maggior momento di gloria in un periodo in cui le comunicazioni erano assai più ridotte di adesso. non credo si possa entrare in merito ad una disquisizine circa la reale minaccia che il web comporta da questo punto di vista poichè peronalmente credo che la maggiore trasparenza aiuti e non sia il problema. è proprio il creare scomparti segreti che rende pericoloso un mondo. non conoscerne gli aspetti più intimi perchè appannaggio magari di felici pochi. questo potrebbe essere un problema, oltre forse che antidemocratico. ma soprattutto credo che si parli di terorismo per cercare di rabbnonire un’opinoine pubblica che altrimenti non potrebbe accettare le restrinzioni derivanti dalle biglie al web. credo infatti che si cerchi una nobile giustificazione, incotestabile (apparentemente) per introdurre un concetto molto duro da digerire: la perdita dell’unico vero strumento di democrazia diretta. non so come definire il terrorismo, non so se questo trovi un appoggio nella rete e nei suoi funzionamenti e non so chi potrebbe validamente saperlo. quello che di certo so è quello che comportail web libero: la possibilità di essere qui a conversare con il mondo intero che infatti ha, per il momento al meno, libero accesso a questo civile scambio di opinioni. per altro, non capisco per quale motivo si debba essere noi internauti a gestire il problema terrorismo, accettando limitazioni e censure, quando invece il tutto più probabiolmente deriva da problematiche squisitamente contrattuali tra i vari paesi del mondo.

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