La radio non è la sua tecnologia

Il Dab avanza lentamente nell’etere. L’acronimo del Digital Audio Broadcasting resta poco noto in Italia. Nel vasto problema della riallocazione delle frequenze che coinvolge temi notoriamente ben più complessi, la radio digitale non supera la fase delle promesse. E la domanda che si pone Antonio Sassano, docente alla Sapienza di Roma, è chiara: il Dab è ancora una tecnologia del futuro o è già una mancata opportunità?

I vantaggi del Dab sono precisi: può trasportare segnali audio di elevata qualità; facilita la sintonizzazione; si può fermare una trasmissione e farla ripartire dal momento dell’interruzione; se il terminale è abbastanza intelligente, può offire servizi localizzati, per esempio selezionando, tra tutte le notizie trasmesse, quelle relative al traffico segnalato nelle strade vicine.

Il Dab parte con un progetto pilota in Trentino. Intanto, però, avanza l’alternativa della telefonia mobile ad alta velocità, Lte, che può essere usata anche per inviare segnali radio con servizi interattivi: una specie di Adsl in automobile, magari utilizzando come terminale il cellulare invece che un apparecchio nuovo e monofunzionale come il ricevitore Dab.

Mentre il Trentino farà esperienza con il suo Dab, l’Italia che è restata indietro tenderà a porsi il problema della migliore allocazione delle frequenze.

È possibile che, alla fine, prevalga l’Lte, per efficienza tecnica e capacità lobbistica dei sostenitori. Questo renderà più rilevante una discussione sulla neutralità delle reti mobili. Gli operatori gestiscono una tecnologia decisiva per lo sviluppo. La sua importanza crescerà, anche per le startup e le piccole imprese che non controllano la rete, ma sono ricche di idee innovative e, talvolta, sfidanti per aspetti del business degli operatori. Non vanno bloccate sul nascere.

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