Dopo i device si innova l'insieme

Alla ricerca di una narrazione sintetica per dare conto delle ultime tendenze dell’elettronica messe in mostra al Ces di Las Vegas, Bob O’Donnell, presidente di TECHnalysis Research ha scritto che siamo entrati nell’«epoca post-device»: come l’avvento dello smartphone – annunciato dal primo iPhone giusto dieci anni fa – ha consentito a Steve Jobs di dichiarare terminata l’epoca della centralità del pc, adesso si può dichiarare finita l’epoca della centralità di qualunque singolo oggetto elettronico. Dal punto di vista quantitativo, l’idea non è priva di fondamento. Il declino delle vendite dei pc è un fatto, la diminuzione delle vendite di tablet c’è, il rallentamento degli smartphone è iniziato, come dimostrano i dati di Gartner. Questo non significa che i due miliardi di “device” – tra pc, tablet e smartphone – venduti in un anno non siano importanti. Ma il centro della dinamica innovativa sembra essere andato altrove. Dove? Tutti cercano la prossima grande forma che potrebbe assumere l’innovazione: l’automobile che si guida da sola attira molta attenzione; le centraline di controllo della domotica che funzionano con comandi vocali appaiono abbastanza interessanti; la chimera della televisione del futuro resta un argomento di discussione. Ma questi “device” non riescono a fare breccia nell’immaginazione e a guidare l’ecosistema dell’innovazione con la stessa forza dirompente che si è vista, appunto, all’epoca dell’introduzione dello smartphone. Del resto, nell’innovazione, non tutto ciò che luccica, illumina: come dimostra, se non altro, la vicenda degli smartwatch. In realtà, la dinamica importante in questo momento sembra essere nel salto evolutivo che la rete nel suo complesso sta compiendo sulla scorta della maturazione delle tecnologie di sistema: machine learning e big data, internet delle cose e sensoristica, cybersicurezza e computer vision… Mentre cerchiamo la prossima forma sintetica dell’innovazione, oggi dobbiamo concentrarci sull’interpretazione dell’insieme. È più difficile. Ma più vero.
Articolo pubblicato su Nòva, l’8 gennaio 2017