Edge. Capire la scienza che si fa capire

La scienza è il modo più affidabile per generare conoscenza. È la convinzione della comunità di Edge che ogni anno, da vent’anni, si ritrova intorno al suo storico animatore John Brockman per rispondere a una grande domanda capace di interpretare la contemporaneità. In questo periodo, però, la conoscenza empiricamente provata col metodo scientifico è immersa in una quantità di informazioni di qualità varia e di provenienza imprecisata che sembrano mettere in discussione la credibilità di qualunque convinzione e di ogni consenso intorno all’esperienza pratica della realtà. Sicché ci si può chiedere: la conoscenza scientifica è abbastanza conosciuta? E soprattutto il metodo scientifico è abbastanza riconosciuto come il più affidabile? Per questo, probabilmente, Brockman ha chiesto alla sua comunità di scienziati, ricercatori, intellettuali e interpreti creativi di rispondere a una domanda apparentemente semplice: «Quale concetto scientifico dovrebbe essere più diffusamente conosciuto?»
Molti contributori hanno pensato di rispondere citando le ultime scoperte che effettivamente non sono molto conosciute. Joi Ito, direttore del Mit MediaLab, ha pensato di spiegare la “neurodiversità” un concetto che mette in discussione la definizione allargata di “autismo” che nega la diversità dei modi di essere degli umani. Kevin Kelly, pioniere della narrazione della tecnologia, ha messo in luce il concetto di “ottimizzazione prematura” che mostra come un successo ottenuto in una prima fase dello sviluppo di qualcosa possa frenare il raggiungimento di un successo più grande: il che consiglia non solo di accettare l’errore, dunque, ma anche di criticare quanto si è già scoperto. E il futurologo Paul Saffo ha parlato della legge di Haldane che mostra quale sia la dimensione giusta per una creatura in relazione al suo ambiente e che osserva come un cambiamento di dimensione debba condurre a un cambiamento di forma: il che funziona non solo nelle forme di vita, ma anche nelle tecnologie e nelle organizzazioni.
Ma la comunità di Edge, con l’umiltà che la contraddistingue, ha pensato che forse era necessario anche tener conto di chi non conosce i concetti scientifici più basilari. Un esempio? Un paio d’anni fa un sondaggio della National Science Foundation ha registrato che il 25% degli americani è convinto che il Sole giri intorno alla Terra. Più di quanti hanno votato per il nuovo presidente degli Stati Uniti. Sicché, con molto senso della realtà, l’astrofisico e scrittore Mario Livio ha pensato di dedicare il suo contributo al principio copernicano secondo il quale Terra non è al centro del sistema solare. E Steven Pinker, che fa ricerca in un vasto territorio tra le scienze cognitive e il linguaggio, a sua volta, ha dedicato il suo contributo alla seconda legge della termodinamica, quella che osserva come in un sistemaisolato l’entropia non diminuisce mai: è un concetto basilare che mostra come i sistemi chiusi non interconnessi con l’esterno tendono inesorabilmente a diventare meno strutturati, meno organizzati, meno capaci di fare cose interessanti, fino a che cadono in uno stato di equilibrio monotono e omogeneo nel quale si fermano. E muoino. Per Pinker tutto questo è istruttivo anche per la società. Rinunciare al collegamento con altre società, non accettare energia e informazione dall’esterno, conduce alla morte sociale.
Brian Eno, artista, ha trovato la sintesi tra l’esigenza di informare su un concetto scientifico nuovo e di divulgare un elemento della conoscenza di base dedicando il suo contributo all’errore di percezione dovuto alla ricerca di conferme: «La grande promessa dell’internet consisteva nell’ipotesi che più informazione avrebbe portato automaticamente le società a prendere migliori decisioni. La grande delusione è che più informazione ha portato in realtà le persone a trovare sempre più conferme a quello che credevano in ogni caso anche prima». In effetti, scientificamente, quello che era sbagliato era nella parola “automaticamente”. Internet non è la macchina della saggezza, ma solo la macchina dell’informazione. Ed è fatta in modo tale da poter essere costantemente innovata. Edge ci spinge a farlo.
Articolo pubblicato su Nòva, l’8 gennaio 2017