Lettere sull'innovazione: storia e storytelling

Gentile redazione,
Stiamo vivendo un profondo cambiamento tecnologico che non si verificava da quando ci siamo tuffati, per la prima volta, nell’universo di internet. Ricordo che solo per connettersi, con il proprio computer scatoloso, si udiva in casa un suono prolungato, stridente e fastidioso. I primi internauti venivano cacciati come dei mostri che volevano usare internet per cercare delle immagini porno che “ i cosiddetti giornali di carta“ non regalavano. E, tutto ciò, era sbagliato. Internet era un mondo diverso da quello reale ed interagiva con questo, non lo sostituiva assolutamente. Allo stesso modo la robotica viene additata come causa di disoccupazione e, questo non corrisponde a verità. La robotica ci aiuterà nel nostro quotidiano. Tutto ciò che è nuovo ci fa paura e, non riesco a comprendere il motivo, sinceramente. La realtà virtuale, la realtà aumentata sono meravigliose e sono un importantissimo ausilio alla nostra esistenza. Anche tutto ciò che verrà tra cento, mille e diecimila anni non deve procurarci un terrore ma accettare le novità per quelle che sono. Io non mi reputo un futurista ma, un futurista oltre il futuro: clonazioni di esseri umani, case domotiche comandate con il pensiero, social network con amici olografici e tante altre novità che non scrivo in quanto mi reputerete come un folle. Quando fu inventato il telefono e, di poi, istallato in ogni casa, moltissimi affermarono che era un mezzo per non uscire di casa, così non fu. Il grande Bill Gates disse, negli anni Settanta, che nell’anno Duemila in ogni casa ci sarebbe stato un computer e così fu. Io, umile fautore della tencnologia, affermo con fermezza che, nell’anno duemilatrenta, in ogni casa ci sarà un robot. Un consiglio, apriamo la nostra mente alle novità tecnologiche perché saranno sempre di più presenti nelle nostre esistenze, dei nostri figli, dei nostri nipoti
Claudio Rinaldi
Caro Rinaldi
Il racconto del progresso è bellissimo proprio perché ha la forma rassicurante di una storia che va a finire sempre meglio di come è cominciata. La nuova versione di una tecnologia è sempre più performante, più potente, più intelligente della versione precedente. Al contrario, il racconto del cambiamento come guerra del nuovo contro il vecchio, che genera la distruzione della vita alla quale la società è abituata, piace ai cultori della tragedia, o addirittura dell’horror: di certo, evoca paure ataviche e le connette alle nuove tecnologie. Ma nessuna di queste strutture narrative corrisponde alla realtà storica. L’evoluzione della società umana non si presta al racconto lineare. Ha bisogno di contemplare la complessità e di riconoscere l’emergere di regolarità dall’immensa quantità di fenomeni che si intrecciano e di punti di vista che si confrontano. Ma le narrazioni sono importanti: dalle strutture narrative sorgono i mondi di senso che motivano le persone a prendere le loro decisioni, generando a loro volta conseguenze che spostano – di molto o di poco – la traiettoria della storia. Quelle narrazioni vanno dunque discusse. La spensieratezza impegnata del progresso, contrapposta alla tragica attesa dell’ineluttabile, non bastano a formare un senso. La storia è più importante dello storytelling.
Rubrica pubblicata il 29 luglio 2017 sul Sole 24 Ore