Lunedì scorso, una maratona web-televisiva per l’analisi del voto, trasmessa anche dal sito del Sole 24 Ore, è partita da Trieste alle 15.00, negli uffici della società di ricerche Swg, ed è finita a Roma, negli studi di Rai.it, un po’ dopo l’una di notte. Hanno partecipato molti blogger e diversi esperti delle relazioni tra la rete e la politica. Nòva24 ha contribuito all’esperimento. Con quali risultati?
Innanzitutto, è apparso chiaro che le tecnologie necessarie a una diretta di questo genere non sono alla portata di tutti ma sono certo molto più facili da ottenere di quanto non fosse in passato per qualunque altro modo di fare televisione. Certo, non si tratta di programmi per audience gigantesche, ma questo, del resto, è perfettamente consequenziale con la circostanza più importante: se è tanto più facile fare qualcosa di televisivo, in rete, allora si moltiplicheranno i programmi e il pubblico non potrà che suddividersi tra una moltitudine di opportunità. La coda lunga della tv è anche questo.
In secondo luogo, peraltro, è chiaro che i linguaggi della tv via web, anche quando la metafora è più o meno quella della conversazione in diretta, sono potenzialmente innovativi. Certo, funzionano i ritmi veloci, simili a quelli abituali per questo genere di programmi nella tv tradizionale, ma un maggiore approfondimento è consentito e anzi quasi richiesto per differenziare la web-diretta da un normale talk show. Inoltre, i collegamenti esterni tenderanno a crescere: in questo "esperimento", gli interventi degli ospiti che non erano in studio sono stati realizzati utilizzando Skype, con risultati tecnicamente altalenanti. Nulla di inedito. Chiaro, però, che la possibilità di gestire interventi esterni in video senza bisogno di troupe, può aprire la strada a veri e propri nuovi format.
Ma quali sono stati i risultati in termini di analisi del rapporto tra rete e politica? Dal punto di vista della campagna elettorale, si è visto oggettivamente poco. Probabilmente anche la campagna molto intensa, in certe aree del paese, realizzata dalla Lega, ha contribuito al successo di quella formazione. Così forse si può dire di una possibile piccola influenza della rete sull’astensionismo a sinistra e forse anche sul voto all’Italia dei Valori, guidata da un politico che ha un blog da tempo piuttosto seguito come Antonio Di Pietro.
In realtà, è probabile che le azioni più efficaci realizzate in rete allo scopo di promuovere qualche aggregazione politica non saranno quelle dell’ultimo momento: saranno piuttosto quelle costruite nel tempo, attraverso la conquista di un rapporto di fiducia tra i politici e i cittadini. Un rapporto di fiducia che i politici possono alimentare offrendo un vero servizio alla rete, ascoltando i cittadini e rispondendo puntualmente alle loro osservazioni, conversando.
Per i cittadini poi, la rete significa chiaramente una nuova forma di produzione, critica e trasmissione dell’informazione. Oltre che di auto-organizzazione. Con una caratteristica: ogni gruppo sociale tende ad aggregarsi in modo da mettere insieme per la maggior parte persone con orientamenti simili. Sicché c’è un certo rischio di autoreferenzialità nel sistema di valutazioni sull’informazione che circola in rete, specialmente in relazione ai fenomeni politici. Non è però certamente la stessa omogeneità culturale che emerge dalla produzione della tv generalista. Il correttivo all’autoreferenzialità non è nel medium ma nel contenuto: la ricerca dei fatti, accanto all’espressione delle opinioni, resta una pratica decisiva per la comprensione dei fenomeni sociali. Si sa. Ma si dimentica.
ps. I blogger presenti a Trieste: Giulia Blasi, Massimo Mantellini, Antonio Sofi, Luca Tremolada, Gabriele Ferraresi e Fabio Turel. Qui i particolari dell’evento.