La quantità ha (talvolta) effetti qualitativi

La cover di Wired è un bel pezzo di bravura. Ma è più da discutere che da imparare. Di sicuro contiene una considerazione molto condivisibile, per esperienza: la quantità ha (talvolta) effetti qualitativi. La qualità si misura anche in termini di risultati e di consenso. La quantità non è sufficiente a fare la qualità. Ma la quantità enorme ha chiaramente a che fare con la qualità. Perché cambia l’ordine delle possibilità. Ma forse è meglio leggere direttamente: The Petabyte Age: Because More Isn’t Just More — More Is Different.

  • Espressione Regolare |

    “Siamo sepolti sotto il peso delle informazioni, che vengono confuse con la conoscenza. La quantità è scambiata con l’abbondanza e la ricchezza con la felicità.” (T. Waits)
    Una signature vista ora su un newsgroup che mi ha fatto venire in mente il tuo articolo. Ecco, forse stiamo appena appena incominciando a disseppellirci, ma la cosa sembrerebbe molto interessante 🙂

  • Ivo Quartiroli |

    20 anni addietro per la mia casa editrice feci stampare dei manifesti con scritto “Dati – Informazioni – Conoscenza – Metamorfosi”. Tra i dati e la conoscenza c’è un salto quantico, non è solamente una questione di “mole”. Altrettanto grande è il salto tra conoscenza e saggezza.
    In ogni caso, anche l’analisi dei dati presuppone una teoria alla base. L’interpretazione dei dati e gli stessi algoritmi di analisi si basano comunque su idee preliminari e su paradigmi interpretativi.
    Ma siamo nell’era dei dati, dove la digitalizzazione della realtà è entrata in tutti i settori, dall’economia alla biologia, e qualità umane comprese. La scienza dell’informazione è molto giovane e se devo azzardare un analogo con la scienza della psicologia, la priorità dei dati può essere vista come il comportamentismo degli anni ’50, che ha già mostrato i propri limiti.
    C’è nell’incoronamento dei dati a fattore prioritario la ricerca dell’oggettività della scienza e nel suo accumulo forse anche di un atteggiamento enciclopedico che ha caratterizzato la prima scienza. Ben vengano i dati, ma l’oggettività cade nel momento in cui si incrociano i primi due dati con qualsiasi criterio. Il salto tra dati e conoscenza è lo stesso che c’è tra intelligenza e intelligenza artificiale, che dopo decenni continua a slittare sugli stessi problemi.
    Chi si ricorda del grande progetto della quinta generazione giapponese del 1982 che all’epoca fece tremare i governi occidentali? Anche in quel caso si credette che un’imponente capacità di calcolo avrebbe portato all’intelligenza artificiale. Ora queste potenze di calcolo le abbiamo sul nostro PC… ma di intelligenza ancora non se ne vede.

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