"L'abbondanza di informazione genera scarsità di attenzione" diceva ai suoi tempi Herbert Simon, premio Nobel per l'economia. Oggi sappiamo che i media digitali e la crisi dei filtri editoriali e pratici tradizionali stanno effettivamente generando una quantità di informazione e una scarsità di attenzione sempre più preoccupante, come risulta dagli studi di Maggie Jackson, riportati nel saggio Distracted: The Erosion of Attention and the Coming Dark Age. Un'intervista con Jackson è su Wired.
L'indagine sui meccanismi neurali della concentrazione intorno a un obiettivo e del passaggio continuo da un'attività a un'altra sta avanzando soprattutto sulla scorta della necessità di comprendere gli effetti dei nuovi media nei bambini.
Ma in generale si sa già che il cervello è predisposto più per spostare l'attenzione verso un nuovo centro di attenzione che per mantenersi focalizzato. E si sa che questo riduce la creatività e aumenta il ricorso a forme di pensiero superficiale. La reattività può diventare una pratica dominante nel comportamento e nel pensiero e andrebbe equilibrata con la concentrazione.
L'irrazionalità del pensiero superficiale e fondato solo sulla reattività a sempre nuovi stimoli informativi, quindi su una ridotta attenzione e focalizzazione intorno a un ragionamento o a un obiettivo, può diventare anche un contesto nel quale le persone vengono facilmente manipolate. Indubbiamente una parte dei sistemi di comunicazione fa uso proprio di questo meccanismo per ottenere comportamenti omogenei nella popolazione. La ripetizione dei messaggi più che la dimostrazione della veridicità dei loro contenuti è una tecnica efficace in questo contesto. Ma è una tecnica dalla quale la società deve imparare a difendersi, introducendo nuovi filtri critici. E' uno dei terreni di maggiore sviluppo potenziale nel mondo dei nuovi media.