Il processo creativo è anche disordine. La distruzione di un ordine obsoleto può essere anche l’incapacità di vedere un ordine emergente, suggerisce David Weinberger nell’Elogio del disordine, tradotto per la Bur. Se il mondo fisico favoriva le regole stabili, il web libera la diversità organizzativa. Nelle aziende è un salto di astrazione: per innovare le relazioni coi clienti e tenerle comprensibili, semplici e trasparenti.
Due recenti decisioni di Google, l’azienda che sembra aver meglio sfruttato le opportunità del disordine creativo, fanno pensare che tutto questo non sia facile. Buzz, una funzionalità di social network introdotta in Gmail, è nato rendendo pubblici i nomi e le foto delle persone con le quali ciascuno conversa di solito via mail. Di fronte alle proteste, Google ha aggiustato il tiro. Più lenta la reazione alle critiche dei blogger espulsi da Google Blogger, con l’accusa di violazione di copyright: alcuni erano innocenti, altri avevano solo qualche file sospetto, ma Google li ha spenti senza troppe spiegazioni. Le critiche non sono mancate ma la risposta non è stata immediata.
Non si possono prevedere tutte le conseguenze delle innovazioni. Ma reagire subito è necessario.