L’ultimo caso è quello di Yahoo! interessata ad acquisire Tumblr. Molti paragonano questa ipotizzata operazione all’acquisizione di Instagram da parte di Facebook. E in effetti ci sono dei motivi per farlo: si tratta in entrambi i casi di un gigante del web che cerca di acquistare una piattaforma più orientata al mobile, assorbendo nello stesso tempo un forte social network.
Le differenze tra queste operazioni sono molto importanti. Perché Yahoo! ha una storia ancora più lunga di quella di Facebook, è ancora più concentrata sul web fisso e ha una presenza nettamente inferiore nelle piattaforme sociali. Inoltre, Tumblr è una piattaforma che invita gli utenti a un certo impegno visto che conta molto sulla logica dei blog, per quanto facili da realizzare, mentre Instagram è fondamentalmente un sistema per condividere foto, un argomento sul quale Yahoo! possiede già Flickr, senza peraltro essere riuscita a valorizzarla in modo particolare.
Ma queste sono analisi specifiche. Che forse non sottolineano abbastanza il fenomeno più grande del quale queste operazioni fanno parte. Una riflessione, invece, va dedicata al tema delle acquisizioni condotte dalle grandi piattaforme tecnologiche: che hanno un senso generale e una logica che probabilmente continuerà a generare conseguenze sulla struttura economica dell’internet.
Si tratta di comprendere questo fenomeno da tre punti di vista che sono tra loro collegati:
1. la logica dell’infrastruttura di rete
2. la logica delle piattaforme sociali
3. la logica della relazione tra i giganti e le startup
Nella rete, si assiste a una naturale concentrazione delle risorse strategiche attorno alle tecnologie più usate, che proprio perché sono più usate acquistano più valore. Si tratta del cosiddetto effetto-rete o legge di Metcalfe, che prevede una crescita esponenziale del valore di una tecnologia di rete con la crescita dei suoi nodi-utenti. Il classico esempio è quello del fax: il primo che compra un fax non ha acquisito una tecnologia di grande valore perché non può mandare un fax a nessuno; il secondo ha già un certo valore visto che può mandare un fax al primo; man mano che gli acquirenti di fax crescono cresce anche il valore che acquistano e questo avviene in una progressione geometrica, perché ogni nuovo utente può mandare un fax a tante persone quante hanno già un fax. Se esistono due tecnologie per mandare il fax, quella più diffusa ha molto più valore dell’altra e quindi tende a conquistare la gran parte dei futuri utenti, distanziando sempre più la seconda. Si genera dunque una sorta di “monopolio” emergente nelle tecnologie di rete.
Le piattaforme sociali riescono a mantenere una certa pluralità, nonostante questo. Perché sebbene anch’esse siano tecnologie di rete – e in effetti le principali riescono a conquistare moltissimi più utenti di quelle secondarie, come è accaduto a Facebook – aggiungono all’aspetto tecnologico un valore metaforico e abitudinario che rende in qualche modo l’esperienza di usarle unica. La rete degli “amici” di Facebook è vista in qualche modo come non comparabile alla rete degli eleganti di Pinterest o alla rete dei microblogger di Twitter. E se non è comparabile, riduce l’effetto-rete.
Ma il fatto è che alcuni giganti che conquistano una rete e una leadership di categoria attirano risorse economiche che possono spendere per fare acquisizioni e quindi dotarsi di un’altra tecnologia di rete con la quale crescere in un settore nel quale la loro tecnologia non arriva. In questo senso, guardano alle startup come a dei laboratori di ricerca che possono generare una nuova tecnologia di rete, o un nuovo esperimento di rete sociale: quando quei laboratori hanno un “esperimento” riuscito che ha generato un valore lo possono acquisire per assorbire quel valore nel loro modello di business. In questo modo danno una via d’uscita ai promotori di quella startup, innovano senza finanziare gli esperimenti sbagliati ma solo quelli giusti, fanno una sorta di ricerca in outsourcing.
La Cisco è diventata grande in questo modo. Altri hanno seguito quella strategia. Apple con Siri, Google con una miriade di aziende, Amazon con Goodreads, e così via.
Che cosa succederà in futuro? Che questa strategia di ricerca in outsourcing diventerà sempre più diffusa per i giganti che hanno un modello di business e intendono mantenere un tasso di innovazione significativo guardando con attenzione al mercato delle startup. Per queste ultime il modello di business potrà concentrarsi sull’ipotesi di arrivare a farsi acquisire invece di fare da sole. Non sarà l’unica strada, ma per molte di loro sarà una strada molto migliore che tentare la sorte con la quotazione in borsa.
Chi c’è nel mirino di qualcuno? Chi è un target di acquisizione e chi è un potenziale acquirente? Apple, Microsoft, Google, Facebook, Amazon sono potenziali acquirenti. Twitter è ancora entrambe le cose. Pinterest è un target, come Flipboard, Audioboo, Tout, Vine e molti altri.
Ma si può scommettere che ben presto questa logica si allargherà a tutti i settori fortemente innovativi. Il tema è che tra tutti i costi che le aziende devono imparare a comprimere, il costo di innovare deve raggiungere un nuovo livello di efficienza. E questa strada delle acquisizioni è una possibilità per riuscirci. Sempre che sia condotta con una strategia intelligente: perché in questa dimensione dell’economia non si acquisisce tanto un mercato quanto una capacità dimostrata di realizzare un passo innovativo.