Open data: è un mantra dei visionari della vita civica. I dati generati dall’attività della pubblica amministrazione sono destinati a essere accessibili e utilizzabili dai cittadini e dalle imprese. Internet sta cambiando l’immutabile.
I temi sono diversi. Alcuni riguardano la qualità della vita, altri consentono di impostare una nuova partecipazione civica. Quali strade sono più pericolose per chi guida? Quali scuole sono state giudicate molto rischiose dal punto di vista sismico? Dove sono i terreni un tempo industriali e che oggi hanno bisogno di una bonifica? Da qualche parte questi dati ci sono. Le amministrazioni che li condividono rinnovano profondamente la loro relazione con i cittadini. E gruppi di cittadini attivi, di giornalisti impegnati, di funzionari pubblici di buona volontà stanno dimostrando che si può e si deve fare. Il Consiglio Regionale del Piemonte ha dedicato al tema una giornata di lavoro e un contest.
La storia va in questa direzione. La Commissione Europea lo ha compreso e chiede agli stati di adattarsi: i dati generati con il denaro pubblico devono essere pubblici, salvaguardando privacy e copyright.
E anche in Italia sta accadendo, sulla scorta della leadership di amministrazioni intelligenti. Ma gli ostacoli non mancano. Mascherati dal paternalismo di chi dice che i dati non sono facilmente comprensibili per i comuni cittadini. Oppure motivati dalla difficoltà di spendere ciò che serve per modificare le forme di accesso alle informazioni.
I timori di ciò che i cittadini potrebbero fare se conoscessero come stanno le cose sono superati dalle opportunità offerte dalla trasparenza per impostare in modo nuovo il sistema decisionale, per allocare le risorse in modo consapevole nel quadro delle compatibilità di bilancio. In base ai fatti.