La storica difficoltà di gestire l’agenda digitale italiana si è aggravata questa settimana con le dimissioni del direttore dell’Agid, Alessandra Poggiani. Le interpretazioni contrastanti della decisione non sono importanti quanto la discussione su ciò che ora verrà fatto. Il punto è chiaro: con la forma organizzativa attuale è più facile annunciare dei nuovi piani che realizzarli.
Oggi, il sistema incentiva la partecipazione al gioco delle dichiarazioni strategiche mentre disincentiva l’impegno a portare a compimento i progetti. E poiché si è deciso che l’innovazione digitale è trasversale a tutte le funzioni amministrative – e dunque non c’è un “ministro del digitale” – tutti possono tentare di fare la loro bella figura affermando la necessità di un’innovazione ma nessuno rischia la faccia sulla sua realizzazione.
Che fare? Sappiamo che alla presidenza del Consiglio alcuni gruppi strategici sono al lavoro per tenere il timone dei piani sulla banda larga, la crescita digitale, la modernizzazione della relazione tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Può essere il momento di dichiarare che l’Agid, sotto il controllo del suo Comitato d’Indirizzo, sia dedicata a condurre alla realizzazione di questi piani, coordinando le scelte tecnologiche. Ma sarà sufficiente a guidare le varie amministrazioni verso il risultato? Alfonso Fuggetta, amministratore delegato del Cefriel, ha scritto due anni fa che occorre tornare alla figura del ministro dell’Innovazione e continua a sostenerlo. Perché l’ipotesi è sempre latente. Intanto, al Senato è passata in commissione una proposta di Linda Lanzillotta che andrà nella delega sulla riforma della P.A.: prevede che vengano nominati manager dedicati all’innovazione in ogni ministero, su proposta dei ministri e per decreto del premier, col compito di portare avanti i piani e fare rete tra loro. Vedremo. Più o meno a giugno.
Si resta in attesa dei fatti ma i temi vengono affrontati. Col ritardo accumulato, tutto sembra sempre insufficiente. E i passi avanti sembrano troppo faticosi. Ma tra i molti lussi che non possiamo permetterci c’è anche lo scoraggiamento.
Articolo pubblicato su Nòva il 5 aprile 2015