La televisione sembra resistere all’ondata internettiana, con la sua tipica strategia, vagamente gattopardesca: adattarsi al cambiamento, senza cambiare la sostanza, assorbendo le novità per rimescolarle nella sua affascinante, complessa morfologia da minestrone.
In effetti, l’erosione degli ascolti della tv tradizionale non mette in discussione il fatto che oltre il 90% della popolazione guarda la televisione. Ma i comportamenti dei giovani tra i 18 e i 29, secondo i dati dell’Osservatorio News-Italia 2015 presentati al Prix Italia di Torino, dimostrano che si sta avvicinando un cambiamento strutturale. I giovani di quell’età non smettono di usare il cellulare guardando la tv con una probabilità doppia rispetto a quella della popolazione nell’insieme; guardano il doppio della tv online; si fanno influenzare molto di più dai social network degli altri; apprezzano generi diversi.
Il cambiamento avanza fatale come l’anagrafe. E presenta una trasformazione paradigmatica: si passa dal palinsesto lineare gestito dai broadcaster e organizzato intorno all’agenda tipica dello spettatore tradizionale, alla visione on demand più adatta alla varietà delle agende del pubblico contemporaneo e gestita prevalentemente dalle grandi piattaforme consapevoli delle caratteristiche di internet.
I broadcaster si vanno ponendo di conseguenza il problema di diventare piattaforme. E poiché è pur vero che per loro sarà difficile battere le varie Google, Facebook, Twitter sul loro terreno, sarà necessario trovare i motivi di una differenziazione. Al Prix Italia un suggerimento ai broadcaster dedicati al servizio pubblico è arrivato da diversi oratori, a partire da Juan Carlos De Martin, del Politecnico di Torino: «Lavorare per fare piattaforme migliori di quelle esistenti sul piano del rispetto dei diritti di cittadinanza, dell’apertura, dell’archiettura distribuita». Lavorare cioè per l’internet aperta e non proprietaria che più si presta a sostenere lo sviluppo, l’innovazione, la cittadinanza. È un compito pubblico di primario valore.
Articolo pubblicato su Nòva il 27 settembre 2015