l nuovo Science, Technology and Industry Scoreboard dell’Ocse mostra i cambiamenti della geografia mondiale dell’innovazione, con la Corea e la Cina in crescita per risultati scientifici e brevettuali. E contemporaneamente aiuta a collegare la strategia della ricerca globale ai grandi problemi dell’umanità, come il cambiamento climatico. Denunciando un rischio: che la crisi economica rallenti l’investimento pubblico nella ricerca scientifica, frenando il progresso nelle conoscenze che possono portare a nuove soluzioni sostenibili per la produzione e il consumo. Sarebbe una epica occasione persa. Frutto di un’errata concezione della crisi. L’errore sarebbe quello di vedere la crisi come una vicenda lineare: una congiuntura sfavorevole che prima o poi finisce per riportare l’economia alla crescita. In realtà, il passaggio storico attuale si comprende solo adottando un approccio non lineare, in coerenza con la complessità del sistema globalizzato, nel quale convergono fenomeni ambientali, economici, sociali, culturali e demografici. Un esempio della complessità sta proprio nell’ambivalenza delle conseguenze ambientali della crisi. Nel breve termine la decrescita economica ha ridotto i consumi di energia e le emissioni. I dati italiani, Istat e Terna, per esempio, mostrano il drastico ridimensionamento della produzione industriale che ha tagliato i consumi elettrici almeno del 20% dal 2009. Le imprese che hanno affrontato meglio la crisi hanno colto l’occasione per trasformarsi: riorganizzando la produzione per risparmiare e attingere a fonti alternative. Questo è stato possibile anche grazie alla ricerca degli anni precedenti. Ma il processo non si ferma. L’obiettivo della sostenibilità non riguarda solo il consumo elettrico, ma anche la smaterializzazione del valore dei beni, l’intelligenza dei macchinari per produrli e trasportarli e così via. Per perseguire la sostenibilità con nuovi materiali, macchinari e soluzioni distributive ci vuole ricerca. Se si frena la ricerca, l’effetto di lungo termine della crisi sarebbe ancora peggiore di quello già sofferto nel breve.
Articolo uscito su Nòva il 21 ottobre 2015