Il Sole 24 Ore ha recentemente pubblicato una intervista a Roberto Cingolani. Roars si è dedicato a verificare una notizia contenuta in quell’articolo: che Cingolani sia tra i primi dieci scienziati più citati al mondo nelle scienze dei materiali. E sostiene che non lo è.
Ringrazio Roars per il contributo.
Per la verità, Roars conferma che nella categoria “material science” su Google Scholar Roberto Cingolani è in nona posizione in classifica. Il che corrisponde a quanto sapevamo, controllato e pubblicato. Ma Roars afferma che questa classifica non è affidabile. E inoltre Roars osserva, il che è più interessante, che la classifica cambia se si usa la categoria “materials science”, cosa che non avevamo fatto. In questo caso Cingolani è sessantesimo.
Roars preferisce altre classifiche, come Clarivate. In effetti, la consultazione di Clarivate è possibile a pagamento e Roars può usare un abbonamento a quella risorsa. A differenza del sottoscritto. Comunque, Roars nota che su Clarivate Cingolani non è tra i “molto citati”. Ho chiesto a un conoscente del Politecnico di Milano che mi fa notare come Clarivate non è molto interessata alle nanotecnologie, ma soprattutto offre risultati sorprendenti: tra i “molto citati” non c’è Vincenzo Barone, Direttore della Normale di Pisa, non c’è Vincenzo Balzani e non c’è il premio Nobel per la chimica del 2016 Fraser Stoddart che su Scopus ha un H-index di 134; il criterio di quella lista dei “molto citati” deve essere tutto da capire visto che vi compare una ricercatrice che ha 55 di H-index e 12.874 citazioni, mentre Cingolani ha un H-index 72 e 20531 citazioni. A proposito: anche l’H-index è un dato variabile, visto che su Google Cingolani è a 82 mentre su web science è 72 e su Scopus è 73. Non sono comunque in grado di valutare questa classifica Clarivate e ben venga la discussione aperta da Roars perché consente di approfondire.
In sintesi: l’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore e al quale Roars ha dedicato tanta attenzione non conteneva alcun falso. Conteneva un dato corretto sulla posizione di Cingolani, accettando come fonte la classifica Google Scholar. Il punto è che Roars non accetta quella classifica e ne offre un’altra. Un terzo ricercatore indipendente fa osservare che anche la classifica citata da Roars contiene elementi discutibili. Non sono certo qualificato per andare più a fondo in questa analisi. E ringrazio Roars per aver fatto verifiche sulle fonti a pagamento alle quali può accedere. Suppongo che lo abbia fatto senza pregiudizi e per puro spirito di conoscenza.
Quanto alle considerazioni più “politiche” di Roars, vale la pena di ricordare che il Sole 24 Ore ha sempre dato tutte le notizie e i punti di vista riguardanti l’IIT, non ha che io sappia particolari interessi sul futuro di quella istituzione e comunque nulla di tutto questo ha influito sull’articolo che ho scritto. Ritengo sinceramente che Cingolani sia uno scienziato eccellente e che l’IIT abbia ottenuto risultati notevoli. Non pretendo che tutti la pensino allo stesso modo e certamente non considero il mio giudizio in alcun modo importante. Probabilmente, la verità emergerà quando la storia si sarà allontanata dalla cronaca e dalla polemica di corto respiro nella quale è stata invischiata per troppo tempo.
update: Roars continua a polemizzare anche dopo questo molto umile post di risposta. Non so perché. Ho scritto che non sono in grado di valutare Clarivate. Ho detto che non avevo l’abbonamento per vedere in quale posizione era Cingolani (Roars ha potuto verificare che secondo quella classifica è attorno al numero 2700; questo si vede pagando come dicono gli stessi autori del post di Roars). Le fonti e il percorso che Clarivate fa per arrivare alla selezione dei più citati scienziati sono descritte nelle note metodologiche che rimandano ad altre pubblicazioni che a loro volta andrebbero verificate. Sarei molto curioso di saperne di più. Per il resto, ho riportato alcune note arrivate da un conoscente al Politecnico di Milano. Dispiace che i polemisti di Roars se la prendano tanto. Li ringrazio per lo stimolo ad approfondire. Ma aggiungo una richiesta: se la mia fonte per la classifica non li convince posso capirli; non posso capire gli aggettivi offensivi, l’accusa di fake e le insinuazioni nei confronti del mio giornale. Non è fake avere una fonte che non piace a tutti. È fake usare questo termine per fatti che non lo sono.
ps. Quello che ho imparato da questa storia. Se qualcuno mi segnala un errore che ho commesso, da sempre, lo ringrazio e correggo. L’ho fatto moltissime volte – per mia incuria e per gentilezza dei commentatori – nel corso del mio lavoro. Ma quando la segnalazione di un errore viene accompagnata da aggettivi diffamatori, aggressività, dietrologia campata per aria, quel lavoro utilissimo di factchecking diventa il suo contrario. Perché in molti casi aggiunge alla giusta segnalazione di un errore altri errori che rendono falsa l’informazione risultante. In questo caso, poi, l’errore originario non era un errore ma una valutazione diversa dell’affidabilità di una fonte. Le successive discussioni sono derivate prevalentemente da incomprensioni, motivate dall’emotività determinata dalla violenza verbale usata da chi ha segnalato il problema. Il mio errore vero? Quello che non dovevo proprio commettere? Roars non lo ha sottolineato ma è importante: non ho citato la fonte del dato iniziale. L’ho data per scontata. È un errore grave: se non lo avessi commesso si sarebbe evitato tutto il resto. Forse.
update ulteriore: Nei giorni scorsi ho ricevuto questo lavoro di Stefano Amoroso che risponde punto per punto alla questione sollevata da Roars. Si intitola Roars e l’arte del Fake checking è molto articolato e lo aggiungo in versione pdf: Fake_check_roars