La tecnologia cambia più velocemente della capacità umana di comprenderla. È una convinzione spesso ripetuta e forse attualmente vera. Ma non è una regola eterna. La cultura fa salti. E ogni nuovo salto si sedimenta su quelli che l’hanno preceduto. Sicché chi si concentra soltanto sulla tecnologia può avere la sensazione che la cultura sia sempre in ritardo, ma chi studia con attenzione la cultura ha l’impressione che la sua ampiezza di senso e di durata induca a guardare con senso critico all’ambizione egemonica dell’ideologia tecnocentrica. È una questione emergente. Chi, per esempio, si concentra su alcuni aspetti dell’elettronica, come la dinamica geometrica della legge di Moore (che nella sua versione più ripetuta dichiara che la capacità di elaborazione dei chip raddoppia ogni 18 mesi a parità di costo), può essere indotto nella tentazione di credere nell’ineluttabile progresso delle sue applicazioni: la resistenza è futile, sembrano dire – come i borg di Star Treck – i cultori dell’esponenziale. Generalizzando, si arriva a ritenere sempre vera l’affermazione secondo la quale la prossima versione di una tecnologia è migliore della precedente. L’esperienza, sedimentata nella cultura, ci ricorda che non è così. Non sempre. E non solo per la quantità di nuovi “bachi” che un nuovo software può sempre contenere. Anche per il senso delle sue funzioni e componenti. Un’interfaccia conta per l’utilizzo di una tecnologia quanto la sua elettronica ed essendo tutt’altro che esponenziale, il design dell’interfaccia, la nuova versione non è necessariamente più efficace della precedente. E poi una tecnologia può essere migliore per qualche utente e peggiore per molti altri. Se un social network introduce un algoritmo per selezionare i post che mostra con priorità agli utenti invece che lasciare che li incontrino in ordine cronologico inverso, può fare un favore agli inserzionisti pubblicitari ma targettizzare troppo le informazioni che gli utenti finali leggono fino a chiuderli in echo-chamber. Le conseguenze sono sempre più complesse di quanto progettato. Nel bene o nel male. O nell’incerto. In realtà, il progresso della tecnologia non è una linea logaritmica lineare che descrive un andamento esponenziale, ma una logistica con un’accelerazione e un rallentamento. Come avviene in un ecosistema a risorse limitate. L’ecologia dei media induce a un approccio più adatto ai tempi della cultura. Elimina molte novità e si concentra sulle innovazioni di grande portata. Suscitando il senso critico nei confronti delle visioni semplicistiche.
Articolo pubblicato su Nòva il 4 ottobre 2017