Incrostate dagli strumenti intellettuali originari dell’epoca industriale, molte organizzazioni aziendali faticano ad adattarsi alle sofisticate esigenze dell’economia della conoscenza. Comprensibile: la storia ha i suoi tempi. Ma tra gli aggiornamenti di sistema necessari ad accelerare l’adattamento e le possibilità di sopravvivenza delle aziende, uno spicca: il nuovo significato di leadership per la dinamica innovativa necessaria ad attivare il cambiamento. Di sicuro si va comprendendo che la leadership non è tanto legata alla dimensione aziendale o al potere formale che si esercita su di essa quanto piuttosto alla credibilità del leader nella sua capacità di interpretare i segni del presente per guidare l’organizzazione verso il futuro. Non mancano certo le lezioni storiche: forse il caso di Steve Jobs è diventato un punto di riferimento, anche se è un esempio forse estremo nel quale l’imprenditoria sconfina nell’arte. E forse proprio sull’onda implicita di quello sconfinamento, il suo biografo più famoso, Walter Isaacson, ha deciso di dedicare il suo nuovo libro alla vicenda di Leonardo da Vinci. Certo, quegli esempi non vanno presi come scoraggianti suggerimenti all’imitazione, ma come semplici fonti di ispirazione. Del resto, i casi concreti insegnano. E il libro di Emilio Galli Zugaro – “La leadership comunicativa” (Giunti 2017), scritto con la figlia Clementina – in questo senso è prezioso. Galli Zugaro descrive un leader che cerca di sapere come stanno le cose e informa autenticamente su quello che sa; comunica “con” gli stakeholder non “agli” stakeholder; si dedica ad abilitare i collaboratori e a delegare razionalmente il potere; agisce con coraggio e consapevolezza. Nell’insieme emerge la figura di un leader più culturale che funzionale. E se la descrizione della realtà che sottende il libro di Galli Zugaro appare utopistica è perché l’utopia non è “il progetto che non si può realizzare” ma l’”ispirazione che si può interpretare”.
Articolo pubblicato su Nòva il 29 ottobre 2017