Un’azienda ci mette molto tempo ad accorgersi che c’è stata un’intruzione nei suoi sistemi digitali: mediamente, 200 giorni, dice Francesco Teodonno, Security Leader dell’Ibm Italia. I sistemi delle aziende non hanno veri confini: sono in rete, servono alla relazione costante dell’impresa con i fornitori, con i clienti, con i partner, con i collaboratori. Il paradigma “industria 4.0” trasforma la fabbrica nel nodo di una rete nella quale la collaborazione con l’ecosistema è importante quanto lo era un tempo l’organizzazione interna. Non è solo per l’efficienza, ma anche per la generazione di valore: ogni macchina è dotata di sensori e trasmette dati alla piattaforma che gestisce l’insieme. Qualcuno può rubare i dati, altri possono modificarli e sabotare il sistema “internet delle cose”, fa notare Leopoldo Genovesi, amministratore delegato di TI Trust Technologies. E anche per questo investire nella cybersecurity genera un vantaggio competitivo per l’azienda e per il sistema nel suo complesso, fa notare Roberto Baldoni, docente alla Sapienza e direttore del Laboratorio Nazionale di Cybersercurity del Cini. Sono alcune delle conclusioni giunte dal convegno sulla cyber sicurezza, organizzato dal Sole 24 Ore con il Cini, appunto, la Sapienza, Unindustria, e il supporto di Ibm, Tim e Audi. In quell’occasione, Antonio Samaritani, direttore generale dell’Agid ha condiviso un progetto per il coordinamento degli sforzi per la cyber sicurezza nel sistema pubblico italiano. Mettere sulla stessa linea d’onda più di 20mila amministrazioni, nel settore pubblico italiano, è un compito tanto ineludibile quanto complesso. E del resto lo è anche allineare gli sforzi delle imprese, grandi e piccole, come hanno testimoniato Gianfilippo D’Agostino, vice presidente di Unindustria, e Gerardo Iamunno, presidente della Piccola Industria di Unindustria, nel Lazio. Per questo è prezioso il Framework nazionale per la cybersicurezza. Serve conoscerlo e farlo conoscere.
Articolo pubblicato su Nòva il 26 novembre 2017