La storia degli studi sul futuro è ricca di episodi importanti come la pubblicazione negli anni Settanta de “I limiti dello sviluppo”, del Club di Roma e dell’Mit: non tutte le proiezioni che proponeva si sono trasformate in fatti – anche se il senso generale si è dimostrato più che realistico – ma ha contribuito a cambiare in modo indelebile la percezione della relazione tra la produzione industriale e la limitatezza delle risorse disponibili sul pianeta. L’idea di futuro si appoggia sull’analisi di fenomeni che hanno forte inerzia di moto: è il caso della demografia, con la crescita della popolazione a tassi rallentati nei prossimi decenni e l’invecchiamento degli umani; oppure è il caso del clima, con la tendenza conclamata all’innalzamento della temperatura. Ambiti che per esempio sono acquisiti come dati sicuri nel quadro delle domande sulla policy del futuro cui tenta di trovare risposta il recente rapporto “Government in 2071” del World Government Summit. Le necessità di un’umanità più numerosa e più anziana, in un pianeta con le coste bagnate da acque più alte, chiederà un sistema di governo capace di offrire educazione e salute, ma anche – più che in passato – ordine pubblico, protezione dell’ambiente e della struttura sociale. Anche perché, come mostra un altro studio appena pubblicato, la tecnologia avrà un ruolo sfidante: “I nostri futuri possibili” curato da Enrico Sassoon raccoglie gli scenari sviluppati nell’ambito del progetto “Macrotrends” di The Ruling Companies e Harvard Business Review, e dimostra che le direttrici del mutamento avviate dalla tecnologia avranno un peso pregnante sulla sicurezza, il lavoro, l’etica, la ricerca, la cultura. Un impegno analogo si è preso il curatore del Padiglione Italia alla prossima Biennale di Architettura: Mario Cucinella aggiunge alle suggestioni architettoniche una ricerca sull’evoluzione del contesto nel quale saranno inserite. Il problema degli studi sul futuro non è prevedere, ma leggere i fatti in modo tale da scorgerne le conseguenze. Non è un esercizio facile. Ma non vogliamo più farne a meno.
Articolo pubblicato su Nòva il 25 febbraio 2018