Caro De Biase
Come si progetta una scuola orientata al futuro? I due pilatri sono: insegnare a unire i puntini per comprendere il mondo come sistema complesso; insegnare a conoscere la propria unicità psichica per comprendere come interpretiamo il mondo come formiamo una mente che costruisce un mondo. Quindi: 1. occorre insegnare le materie in modo massicciamente interdipendente (se per esempio studio un periodo storico il livello economico, artistico, religioso, filosofico, bellico, tecnologico, climatico, ecc. devono essere narrati come una conseguenza l’una dell’altro nel quadro del metodo di insegnamento “Flipped Classrom”; 2. serve predisporre percorsi per aiutare i bambini/ragazzi a fare esperienza diretta delle proprie emozioni e stili relazionali, principali paure e aspirazioni, talenti e bunti meno forti, ecc.. Ogni studente ha un profilo psicologico e l’obiettivo è di creare adulti consapevoli del proprio modo di funzionare e di evolvere. In questo senso, la metodologia giusta di insegnamento mette al centro quello che succede psicologicamente nello studio e nelle relazioni, non solo la prestazione nello studio. Quindi per esempio se un ragazzo va male a scuola si analizzano con lui le ragioni, non si riduce tutto ad un voto negativo. La cosa difficile di una scuola così non è mettere in piedi programma e metodo ma trovare il gruppo di professori giusti perché dovrebbero essere particolarmente talentuosi e aperti alla continua crescita. Ovviamente sarebbe una scuola che costa più del normale e i docenti sono bene pagati.
Gianandrea Giacoma
Caro Giacoma
Nell’economia della conoscenza, la formazione è l’investimento essenziale. Ovviamente, la metafora regge, come tutte le metafore, fino a un certo punto. Anche il concetto di investimento, in questo contesto, cambia per servire alla generazione di valore culturale, immateriale: quindi, la formazione non è soltanto una variabile che misura quanto si investe nell’educazione, ma anche un progetto che si propone di ottenere risultati qualitativi. Del resto, risponde non soltanto a degli interessi, ma anche a uno scopo. Il che è coerente con la proposta di vedere la scuola come insegnamento alla lettura del mondo da un punto di vista collettivo e, contemporaneamente, dal punto di vista individuale, per servire alla maturazione di ciascuno in rapporto ai propri talenti. Per questo la ringrazio.
Caro De Biase
L’ontogenesi della educazione deve ricapitolarne la filogenesi. Mi spiego. La nostra cultura è nata con lo studio della natura (pitture rupestri) quando eravamo cacciatori e raccoglitori, poi siamo passati ad astrazioni. Questa è la filogenesi della cultura. Tutti i bambini amano la natura. Wilson la chiama biofilia. L’ontogenesi della cultura avviene in ogni individuo e viene attuata dalla scuola. I bambini vogliono conoscere la natura. A scuola la natura non c’è. Non a caso stiamo distruggendo la natura. Perché non fa parte della nostra cultura. I bambini escono da scuola e non sanno i nomi degli alberi che incontrano tornando a casa. Se ti chiedo: bevi un litro d’acqua e fai la pipì: che strada ha fatto l’acqua? Non lo sai. Però impariamo poesie e teoremi. Giustissimo. Ma mancano le basi. Ora anche il Sole 24 ore e la Confindustria seguono Francesco e parlano di sostenibilità. Ma nella sua Enciclica Francesco spiega gli ecosistemi e si dimentica i batteri. Bisogna rimettere la natura nella cultura. E’ il problema numero uno. E invece si propone di risolverlo colonizzando altri pianeti!
Ferdinando Boero
Gentile Dottor Luca De Biase,
Vorrei che si facesse più chiarezza sul Blockchain, un meccanismo intelligente, su cui si poggiano le operazioni delle cripto valute ed a queste deve la sua popolarità. Ma, ormai è chiaro, è ben di più. Questa tecnologia permetterà in poco tempo a bypassare una miriade di intermediari che attualmente popolano il nostro modus operandi, per esempio, le banche, le assicurazioni gli stessi dipendenti della pubblica amministrazione, i notai e tante altre professioni, la stessa Svezia si sta attivando alle compravendite immobiliari tramite la tecnologia “Blockchain”. Il mondo va avanti e si evolve continuamente, in un primo momento (sin dal XVII° secolo) la tecnologia è entrata per aiutare l’uomo nei lavori pesanti e pericolosi, mentre ora è presente in tutti i settori, anche in quelli di basso spessore e quello che più sconcerta è la velocità con qui queste “novità” entrano nella vita quotidiana di tutti noi. Giorni fa leggevo un libro che toccava questi argomenti e cercava di individuare quelle professioni meno sostituibili e ne sono emerse soltanto due: il tutto fare (tipo un idraulico) e lo scienziato programmatore, poi magari con qualche altra eccezione, in pratica la maggior parte di noi in poco tempo sarà di scarsa utilità, senza aver avuto la possibilità di adeguarsi al nuovo corso. Manca, forse, la consapevolezza che ci stiamo avvicinando ad un periodo di cambiamenti di proporzioni bibliche, è emerso un nuovo continente, quello tecnologico, dove gli abitanti stanno comunicando tramite la rete e qui viaggeranno la maggior parte delle operazioni, inutile porsi la domanda dove si arriverà, da quando Prometeo ha donato il fuoco all’umanità è stato un susseguirsi continuo di scoperte che neanche l’inquisizione è riuscita a bloccare. Ma abbiamo bisogno di studiare, non so come e quando la conversione dei lavoratori, come me, riuscirà a stare al passo, ma se non si inizia mai il futuro sarà durissimo.
Grazie per l’attenzione
Marco Nagni
Rubrica pubblicata sul Sole 24 Ore il 13 aprile 2018