Anche il business immobiliare può dare un contributo essenziale all’ecosistema dell’innovazione. Può accelerare i processi, qualificare le connessioni, alimentare il piacere di lavorare, incarnare il metodo che porta all’open innovation: progettato bene, può essere visto come il fondamento della piattaforma urbana che abilita i comportamenti innovativi. Se un’impresa riesce a trasformare la concretezza del business immobiliare in un medium che sintetizza la consapevolezza dell’architettura per le sue responsabilità urbanistiche, le tecniche umanisticamente avvertite del design dei servizi e l’esperienza delle piattaforme digitali e delle tecnologie di rete, può ottenere risultati notevoli. Le imprese che esplorano queste opportunità sono molte. Talent Garden è uno degli esempi più noti. La rete di spazi di coworking partita da Brescia per espandersi in tutta Europa attrae investimenti, compresi gli oltre 44 milioni recentemente entrati nel suo capitale, persone e organizzazioni che cercano opportunità immergendosi nell’ecosistema dell’innovazione: «Ogni giorno ospitiamo 3.500 membri residenti. Ogni anno formiamo più di 4mila studenti. Aiutiamo oltre 150 grandi imprese a connettersi con la comunità degli innovatori – ricorda il cofondatore Davide Dattoli -. Per esempio, Intel ha scelto la nostra sede di Dublino per incubare iniziative sull’intelligenza artificiale. Le imprese che ci scelgono come ufficio possono entrare in contatto con quello che avviene in tutta Europa, da Milano a Copenaghen, dalla Spagna alla Romania…».
I criteri della progettazione degli spazi che favoriscono l’innovazione si sovrappongono ai criteri della progettazione della vita delle community e dei sistemi di servizi che le alimentano. Ezio Manzini, maestro del design dei servizi, aveva illuminato da tempo il percorso. Nella sua ricerca aveva proposto quattro parole chiave che sviluppano senso se usate a coppie: piccolo, locale, aperto, connesso. Dice Manzini che in passato era facile capire la coppia “piccolo e locale” perché corrispondeva all’esperienza della società contadina; allo stesso modo, oggi è semplice comprendere la coppia “aperto e connesso”, legata alla globalizzazione. Ma i problemi qualificanti arrivano quando si considerano le coppie “piccolo e connesso” e “locale e aperto”. Le startup possono crescere e avere un grande impatto solo se sono connesse ai grandi spazi globali. E le attività che interpretano le qualità di un luogo diventano innovative solo se si aprono all’esterno.
L’evoluzione di Talent Garden dimostra il valore di queste idee. La sua rete di spazi di coworking connessi alla scala europea, moltiplica il valore delle piccole imprese che li abitano mentre abilita le aziende protagoniste di un luogo ad aprirsi alle esperienze degli innovatori. Dopo l’apertura di Vienna, della scorsa settimana, più avanti nell’anno sono previsti due nuovi campus a Roma e Milano. Quest’ultimo sarà specializzato nel food-tech, intercettando una specializzazione territoriale emergente. La sua impostazione dimostra che il genius loci si esprime nella connessione, non nell’isolamento.
Articolo pubblicato su Nòva il 31 marzo 2019