George Church, genetista all’università di Harvard, ha contribuito a realizzare un’applicazione che potrebbe servire a diminuire drasticamente le malattie ereditarie. L’applicazione, chiamata Digid8, serve a fare incontrare persone compatibili dal punto di vista della salute genetica degli eventuali figli. Ci sono ovviamente già molte applicazioni che servono a far conoscere persone disponibili a sviluppare storie sentimentali, ma Digid8 – “d8” in inglese si pronuncia come la parola “date” che significa appuntamento – sembra essere la prima che dichiara di basarsi su algoritmi che elaborano dati genetici. Church non è timido quando si tratta di dare notizie potenzialmente controverse. E in effetti, le reazioni all’annuncio della nascita di Digid8 si sono dimostrate prevalentemente scandalizzate: il timore di avviare un processo che conduca all’accettazione dell’eugenetica si è rivelata la preoccupazione più diffusa. Forse non per le funzionalità già previste da Digid8, ma per le ulteriori funzionalità che potrebbero essere introdotte allo scopo di soddisfare il desiderio – probabilmente condiviso da molti aspiranti genitori – di controllare le caratteristiche ereditarie da trasmettere ai figli.
La discussione è aperta. Anche perché va sottolineato che Digid8 non modifica il patrimonio genetico dei figli ma le logiche con le quali i potenziali genitori si incontrano. Il che conduce a un altro lato della questione. Stiamo tornando a una società fondata sui matrimoni combinati, ma questa volta sulla base di algoritmi e piattaforme digitali?
Nella storia, le società che approvavano – talvolta quasi esclusivamente – i matrimoni decisi dalle strategie familiari sono state probabilmente maggioritarie. Forse gli occidentali hanno imparato a pensare che i matrimoni combinati siano qualcosa che appartiene al passato: il romaticismo prima e la famiglia nucleare poi hanno condotto a una civiltà basata su famiglie costruite prevalentemente intorno all’amore tra i componenti della coppia. Le famiglie costruite seguendo logiche di convenienza possono apparire obsolete o minoritarie. Ma non è insensato domandarsi se invece le piattaforme non stiano rendendo possibile una versione moderna dei matrimoni combinati. La stessa Tinder segue degli algoritmi. Il gioco di scartare – o accettare – le persone sulla base della prima impressione offerta dalla fotografia pubblicate sulla piattaforma per gli incontri più usata può sembrare la quintessenza della scelta individuale, se non ci fosse una logica nella successione con il quale Tinder mostra quelle fotografie. Antonio Olivera-La Rosa, Olber Eduardo Arango-Tobon, Gordon P.D. Ingram (ricercatori rispettivamente nelle università di Medellín, Palma di Maiorca, Bogota) hanno studiato i comportamenti degli utenti di Tinder, scoprendo che alla gratificazione estetica immediata, nel sistema decisionale che conduce le persone a prendere davvero un appuntamento ci sono anche considerazioni morali, emergenti come reazione alle forme di interazione consentite da Tinder, che non distingue tra persone che vogliono un’avventura extraconiugale e persone che cercano una relazione duratura. Questa ambiguità è parte della logica della piattaforma che è ovviamente interessata ad avere il maggior numero possibile di utenti. Insomma: la società dell’eugenetica è una possibilità futura, ma un cambiamento della logica che conduce alla formazione delle famiglie è invece un fenomeno già piuttosto presente.
Articolo pubblicato su Nòva il 22 dicembre 2019