Il cambiamento di prospettiva è evidente. Almeno a parole. I potenti del mondo che si riuniscono a Davos troveranno un rapporto sui grandi rischi globali che mette ai primi posti tutti gli argomenti legati alla sostenibilità ambientale. Il Global Risk Report 2020 del World Economic Forum (Wef) – che si può scaricare liberamente dal web – mette ai primi posti, sia per gravità che per probabilità, i rischi di fallimento delle politiche per affrontare l’emergenza climatica, di fenomeni climatici estremi, di catastrofi naturali e di perdita di biodiversità. Il quadro interpretativo col quale il Wef suggerisce di leggere l’economia viene di conseguenza rinnovato. Il compito delle aziende non è più quello di creare valore per gli azionisti (gli shareholder) come era stabilito nel mantra neo-liberista introdotto almeno dal 1962 da un economista come Milton Friedman; il senso dell’azione delle aziende ora è quello di creare valore per l’insieme delle realtà sociali, ambientali, culturali alle quali in qualche modo è connessa (cioè gli stakeholder). Significa che sta alla responsabilità delle organizzazioni di sviluppare la capacità di riconoscere le conseguenze delle proprie operazioni. Se il cambiamento per le aziende deve essere più che una “ritingeggiatura in verde” (o greenwashing) della loro strategia, saranno necessarie forti innovazioni: tecnologiche, manageriali, strategiche.
Questo significa che, da un lato, le organizzazioni devono imparare a guardare al futuro e a implementare i loro obiettivi in relazione a indicatori che conducano le conseguenze delle operazioni nella direzione voluta. Parlando a Trento in un convegno organizzato dal master in anticipazione sociale di Roberto Poli, Enrico Sassoon, direttore di Harvard Business Review Italia che pubblica ogni anno un rapporto sui megatrend globali, ha sottolineato come sia in atto una trasformazione nei modi con i quali si valuta il risultato manageriale: gli indicatori di successo in chiave ambientale, sociale e di qualità della governance prendono una parte sempre più importante nei sistemi incentivanti. E del resto la Blackrock, gigante della finanza, ha deciso di scegliere le organizzazioni da finanziare in relazione alla loro coerenza con gli obiettivi della sostenibilità, introducendo a sua volta indicatori che servono ad andare in questa direzione.
Se le scelte saranno conseguenti con queste nuove impostazioni, i fatti andranno nella direzione giusta.
Sarebbe ora. Obiettivamente ci vuole tempo per ottenere risultati visibili. Ma la conoscenza delle conseguenze del modello di sviluppo che suggeriva alle aziende di disinteressarsi delle esternalità della loro produzione erano note fin dagli anni Settanta: come ha ricordato Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS, l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, oggi vediamo che il mondo sta andando più o meno come previsto dal rapporto sui “Limiti dello sviluppo” pubblicato nel 1972 dal Club di Roma con l’Mit. Il che significa che è già passato troppo tempo. Occorre un passaggio profondamente trasformativo. Che dia un indirizzo alla straordinaria capacità innovativa dimostrata dall’ecosistema tecnologico negli ultimi decenni. E che crei incentivi cogenti per un’accelerazione della risposta sana alle sfide epocali che l’umanità deve affrontare. Molte discussioni del mondo attuale sembrano distratte. Ma questa volta vale la pena di prendere consapevolezza del fatto che quello che è importante è diventato ciò che è urgente.
Articolo pubblicato su Nòva il 19 gennaio 2020