Di fronte a una crisi economica di proporzioni epocali, le aziende sono poste di fronte a una domanda da far tremare i polsi: si rallentano gli investimenti per l’innovazione o si accelerano? Per rispondere occorre avere un forte sistema di controllo interno, un’idea precisa di quello che accade ai clienti e una cultura che serve a riconoscere il valore dello studio del futuro. Perché c’è poco da fare: una crisi apre spazi di crescita, a spese ovviamente di chi non riesce a superarla, ma solo a favore di chi non ha perso una battuta del complesso copione dell’innovazione. Il che è probabilmente vero sempre, ma è più vero se così si può dire, in un cambio di paradigma economico come quello avviato dalla grande trasformazione digitale.
Un protagonista di questa trasformazione è il gigante italo-francese StMicroelectronics. Il suo amministratore delegato, Jean-Marc Chery, ha spiegato a Nòva come affronta questo passaggio tanto drammatico. «La nostra reazione è stata quella di organizzare immediatamente la protezione delle nostre persone e della nostra produzione per mantenere gli impegni e il ritmo dell’innovazione, della ricerca e sviluppo, dell’investimento» racconta Chery. «Attualmente ci stiamo occupando di accogliere le persone che tornano in azienda e organizzare la continuità delle operazioni di chi continua a lavorare da remoto. Ma ci stiamo preparando ad adattarci alla prossima fase. Che dipende da quello che sappiamo del futuro».
E che cosa se ne sa? «Attingiamo a tre fonti importanti. In primo luogo vediamo come vanno le nostre scorte e la domanda immediata che il mercato ci dimostra. In secondo luogo accediamo alle previsioni di quelli tra i nostri clienti che condividono con noi i loro progetti e le loro aspettative, considerandoci dei partner: il 40% del nostro business è sviluppato in piena condivisione con i clienti, quindi vediamo che cosa succederà abbastanza chiaramente. «In terzo luogo ci confrontiamo con gli esperti e gli studiosi, tra i quali McKinsey». Secondo quest’ultima, il mercato dei semiconduttori è destinato a un decrescita per il prossimo anno tra il -5% e il -15% complessivamente. La differenza tra le due cifre viene dai due scenari elaborati da McKinsey: nel primo si ipotizza un recupero entro la fine dell’anno dei livelli di inizio 2020; nel secondo per il pieno recupero si attende il 2022. «Aggiustando questa previsione generale alle specificità del nostro mercato e sapendo che cosa stanno facendo i nostri distributori e clienti in Asia, per quanto ci riguarda abbiamo ipotizzato un piano di ricavi per il 2020 tra lo 0% e il – 7,5% rispetto all’anno precedente».
In generale McKinsey prevede andamenti diversi nei diversi comparti dei semiconduttori. Nei pc e server calo tra l’1% e il 7%. Negli smartphone, dicono alla McKinsey, crollo tra l’11% e il 26%. Reti di telecomunicazioni fisse in aumento e mobili in difficoltà. Per l’elettronica di consumo contrazione tra il 2% e il 12%. Più accentuato il crollo dei semiconduttori per l’automobile, tra il 10% e il 17%. Nelle macchine industriali, nonostante l’aumento di domanda per le apparecchiature medicali, si assisterà a una diminuzione tra l’1% e l’11%.
Per Stm la situazione può essere corretta da alcune dinamiche positive. «Ci sono dei megatrend che restano. L’elettrificazione e la digitalizzazione dei trasporti proseguirà. La domanda di strumenti per lavorare da casa crescerà. Nell’industria continueranno a farsi sentire gli effetti del passaggio all’energia rinnovabile e all’automazione. Nella sanità si dovranno investire somme significative per migliorare le tecniche di cura e accelerare l’accesso ai test. Il modo di produrre nuovi vaccini potrebbe essere ripensato utilizzando nuove tecniche di simulazione grazie a intelligenza artificiale, sensoristica, registrazione di dati». C’è una lezione da trarre dalla pandemia? «Sì possiamo imparare. Dobbiamo costuire un’azienda progettata per essere resiliente, in un contesto che a sua volta deve prendere questa strada».
Articolo pubblicato su Nòva il 10 maggio 2020
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