Questa è la versione leggermente espansa del commento pubblicato sul Sole 24 Ore l’8 febbraio 2023, dopo gli annunci di Google e Microsoft sulla convergenza di chat automatiche e motori di ricerca.
Come parlare di libri che non avete letto? Per la persona colta è possibile e legittimo, secondo Pierre Bayard, psicanalista, autore di un libro che ha per titolo quella domanda, un vero bestseller di una quindicina di anni fa. E allora che male c’è se ChatGPT scrive di cose che non ha capito e delle quali non sa nulla? L’intelligenza artificiale generativa di OpenAI che potrebbe scrivere al posto degli umani, per adesso, ha soltanto spinto molti umani a scrivere di intelligenza artificiale. In realtà, sul piano cognitivo, quell’intelligenza artificiale è piuttosto alle prime armi: chi la sollecita a parlare di questioni che non conosce è di solito sorpreso per la sua eloquenza, ma chi la si interroga su argomenti che conosce scopre che non ha le idee molto chiare e riempie le sue risposte di errori. Ebbene: gli annunci di questi giorni potrebbero cambiare lo scenario?
In effetti, Alphabet e Microsoft sembrano voler connettere i loro motori di ricerca, Google e Bing, alle loro intelligenze artificiali generative, rispettivamente Bard e quella che fino a ieri si chiamava ChatGPT. Con quali conseguenze?
Nella migliore delle ipotesi, le intelligenze artificiali dovrebbero riuscire a informarsi meglio sfruttando l’organizzazione della conoscenza sviluppata dai motori di ricerca e diventando così più competenti. Inoltre, ci sarà una ridefinizione dell’interfaccia con la quale si interrogano i motori di ricerca, che diventerà una conversazione con domande in linguaggio naturale e risposte emergenti dall’aggregazione di diverse fonti di conoscenza, pubblicate in box separati dalla tradizionale lista di siti consigliati.
Per ottenere questi risultati si deve decisamente innovare rispetto a ChatGPT. La chat che ha conquistato tanta attenzione non basa le sue risposte su informazioni particolarmente aggiornate: non può usare le risposte del motore di ricerca, per esempio, ma lavora su un corpus di dati monolitico, che si ferma al 2021. Bard, assicura Google, è invece già capace di usare i risultati del motore di ricerca, anche se il prodotto è ancora sperimentale. Il che pareggia i conti con il nuovo Bing che dovrebbe avere un’interfaccia conversazionale con risposte aggiornate, grazie a una nuova intelligenza artificiale, GPT 3.5. Tutto questo avrà probabilmente effetti spettacolari. Si può immaginare che si possano affinare le domande al motore di ricerca dialogando con la chat e poi ottenere risposte composte da elaborazioni di informazioni contenute in una serie di siti reperiti dal motore. Interessante, ma non privo di problemi. Un conto è che il motore restituisca una lista di siti e l’utente scelga quelli che fanno al caso suo. Un altro conto è che restituisca invece un elaborato: non sarà facile, in quel caso, capire se i risultati prodotti delle intelligenze artificiali conterranno errori, pregiudizi o disinformazione.
Si può scommettere che i giganti dei motori di ricerca, in particolare Google, ci andranno con i piedi di piombo. Anche se magari creeranno tool capaci di attirare l’attenzione. Che tutto questo entusiasmo nei confronti delle intelligenze artificiali generative sia in parte legato a strategie promozionali dei giganti coinvolti è persino ingenuo sottolinearlo. Si nota che Microsoft appare all’attacco mentre Google difende il suo core business. Ma per l’ecosistema non mancheranno le conseguenze: ci saranno anche investimenti, finanziamenti in start up, collocamenti in borsa, qualche speculazione e molti sforzi di utenti e clienti per distinguere il grano dal loglio. Occorre abituarsi a guardare oltre il luccichio delle risposte automatiche per comprendere come si formano e quanto sono affidabili.
Nel frattempo, la regolamentazione dovrà accelerare per prevenire danni potenziali. Si dovranno trovare risposte sul copyright dei testi originari dai quali le intelligenze artificiali derivano i loro risultati, sulle responsabilità per eventuali plagi ed errori, sulle forme di comparazione automatica tra fonti informative che possono contenere pregiudizi, e così via. La Commissione Europea sta portando avanti l’iter del suo AI Act. E ha molto lavoro da fare.
Foto: “Artificial Intelligence – Resembling Human Brain” by deepakiqlect is licensed under CC BY-SA 2.0.