Paletti alle Big Tech

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 27 agosto 2023


L’introduzione del Digital Services Act (DSA) deciso dall’Unione europea è il più grande ripensamento delle regole per le piattaforme digitali che si sia visto dagli anni Novanta a favore dei diritti degli utenti. Seguirà, a breve, il Digital Markets Act (DMA) pensato per salvaguardare la libertà di concorrenza nei mercati digitali.

L’impianto normativo che ha accompagnato i primi passi dello sviluppo dell’economia digitale era stato definito dall’amministrazione americana guidata da Bill Clinton e Al Gore negli anni Novanta. Era fondamentalmente orientato a favorire l’innovazione, liberalizzare i mercati, limitare le responsabilità delle imprese. Un insieme di leggi, standard e principi interpretativi, compresi il Telecommunications Act, la sezione 230 del Communications Decency Act e il Framework for Global Electronic Commerce, tra il 1996 e il 1997, hanno creato uno spazio di sviluppo autogestito per le imprese. All’epoca erano piuttosto piccole e pionieristiche. Ma oggi le aziende tecnologiche occupano i primi posti nelle classifiche delle più grandi imprese del mondo, hanno un potere economico e politico di primissima importanza, intervengono sulla vita dei cittadini e delle imprese in modo decisivo. Per questo Bruxelles ha deciso che era tempo di cambiare paradigma normativo: dall’auto-regolamentazione alla co-regolamentazione. In pratica, le aziende tecnologiche perdono il completo controllo sul modo di progettare le piattaforme e sulle regole da imporre al comportamento degli utenti.

Il Digital Services Act impone alle piattaforme una serie di obblighi che ormai appaiono tanto ovvi quanto inediti. All’insegna del motto «a grande potere corrisponde grandi responsabilità» questi obblighi crescono con la dimensione delle aziende. Le piattaforme che hanno in Europa più di 45 milioni di utenti sono tenute a cambiare radicalmente atteggiamento. Non potranno più obbligare gli utenti a utilizzare il loro algoritmo di raccomandazione che finora li guidava a scegliere automaticamente a quali informazioni dedicare attenzione: un sistema che si è rivelato ottimo per trattenere gli utenti sulle piattaforme ma è stato anche un meccanismo di diffusione di opinioni radicali e di discorsi di odio. In proposito, tra l’altro, le piattaforme non potranno più dichiararsi esenti da responsabilità per la diffusione di informazioni dannose, false, violente. E dovranno informare in modo trasparente sui metodi che adottano per contrastare propaganda e disinformazione. D’altra parte, le piattaforme non potranno più personalizzare i messaggi pubblicitari utilizzando dati personali riguardanti il credo religioso, genere, preferenze sessuali. E dovranno proteggere i minori in modo particolarmente attento evitando di targettizzare la pubblicità sulle persone con meno di 18 anni.

Anche il prossimo Digital Markets Act avrà conseguenze importanti per i consumatori. Per esempio, le piattaforme duopolistiche che controllano i telefoni mobili non potranno continuare a governare in modo assoluto l’introduzione di nuove applicazioni sugli smartphone. Apple in per esempio non potrà più limitare l’installazione di applicazioni solo se sono vendute dall’App Store dell’azienda.

Inoltre, le nuove norme europee offrono un grande ruolo alla comunità scientifica e agli organi di informazione di qualità. Non sarà la Commissione a decidere, per esempio, quali informazioni sono di qualità e quali indicatori vanno monitorati per conoscere l’evoluzione delle tecnologie e del loro impatto sulla società. La nuova trasparenza richiesta dal DSA consentirà alla società civile, ai centri di ricerca e ai giornali, di accedere a dati che prima non potevano essere usati per leggere le trasformazioni della società digitale e valutare i rischi dei cambiamenti in atto.

Le richieste dell’Unione europea sono importanti. Meta e TikTok hanno dichiarato di aver messo al lavoro una squadra di mille persone per rendere le rispettive piattaforme coerenti con le nuove leggi, riporta il Financial Times. Apple si è impegnata ad accettare le nuove norme e la Setapp è già pronta a offrire un negozio di applicazioni alternativo per gli iPhone. Amazon invece si oppone alla decisione della Commissione di includerla nell’insieme delle grandi piattaforme che devono sottostare ai più stringenti obblighi del DSA.

Certo, è possibile che come è successo per il regolamento a protezione dei dati personali, il GDPR, anche queste nuove norme presenteranno alcuni aspetti di appesantimento burocratico per le imprese, ma nella sostanza è probabile che alimenteranno le responsabilità delle aziende e la consapevolezza degli utenti.