Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 10 novembre 2023
Harrison Ford non ci vedeva niente di male. La produzione dell’ultimo film di Indiana Jones aveva usato largamente l’intelligenza artificiale per il personaggio interpretato da Ford. «Non hanno creato nuove immagini del mio personaggio artificialmente. Hanno preso immagini girate per i precedenti film di Indiana Jones che non erano state usate e le hanno montate in modo che servissero al nuovo film, usando la tecnologia per reperirle, valutarle, controllare le ombre e le luci o altre cose simili». Per Harrison Ford, che non è più un ragazzino, è stato un modo per rendere possibile fare un nuovo film d’azione. Ma per molti suoi colleghi l’intelligenza artificiale non è amica. Temono che li sostituisca in molti ruoli e che cambi la qualità delle produzioni. L’accordo raggiunto ieri con i produttori potrebbe proteggerli. Per un po’ di tempo.
Già, perché il rischio per gli artisti è che i cambiamenti siano sistemici e non limitati a questa o quella categoria. La previsione di un vecchio lupo di mare di questo business come Jeffrey Katzenberg, tra l’altro cofondatore di Dreamworks, è drastica, sebbene settoriale. «Con l’intelligenza artificiale, i costi dei film di animazione si ridurranno di dieci volte in pochi anni». E poiché la fame di produzioni generata dalle piattaforme in streaming è insaziabile, purché i costi siano ragionevoli, questo si tradurrà in una moltiplicazione di film e serie. Questi prodotti arriveranno su servizi che intrattengono con i consumatori rapporti intensamente mediati da altre intelligenze artificiali che consigliano i film più adatti ai gusti personali di tutti. Il che potrebbe contribuire a frammentare ulteriormente il pubblico in piccole tribù valoriali e a ridurre lo spazio per i grandi eventi unificanti. E poiché a differenza dei film con gli attori in carne e ossa, nelle animazioni i personaggi sono proprietà intellettuale dei produttori, il ricorso a questo linguaggio per raccontare le storie di Hollywood si potrebbe allargare. Si salverebbero almeno i doppiatori? No di certo. Anche le voci si riproducono in digitale molto bene.
La strategia per gli artisti non può essere quella di frenare l’avanzata della tecnologia. Facendo tesoro di altre forme di produzione di contenuti investite dal digitale, gli artisti di Hollywood dovranno cercare di dimostrare che la qualità dei prodotti che fanno ricorso seriamente agli umani è profondamente migliore e di sviluppare nuovi modelli di business. Si dice che i doppiatori per esempio pensino di dare in licenza la loro voce digitalizzata a produzioni che non si sarebbero mai potute permettere l’originale analogico. Nell’ecosistema del cinema romano qualcuno ci pensa.
L’automazione della produzione culturale è un rischio e un’opportunità per l’esperienza artistica. Di certo, l’intelligenza artificiale non sparirà. Nei casi migliori sarà usata artisticamente. Nei casi peggiori industrializzerà l’arte, bruciando ricchezza. Culturale.
Foto: “Hollywood Star – Movie Actor” by Xurble is licensed under CC BY 2.0.