Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore di domenica 10 dicembre 2023
La competizione tra i produttori di intelligenza artificiale non è soltanto una gara di bravura, potenza finanziaria, efficienza e qualità del servizio. È una battaglia culturale. Chi vince influenza i comportamenti e i modi di pensare, la valutazione di ciò che è vero e di ciò che è giusto. Perché l’intelligenza artificiale non è una sola. Anzi. C’è una fioritura di intelligenze artificiali tecnicamente diverse, ma c’è anche un fenomeno di più sottile: queste sono macchine che apprendono, dunque acquisiscono mentalità diverse. Sicché la loro progettazione non è un problema meramente tecnico: è socio-tecnico.
Le applicazioni – dalla guida automatica delle automobili ai sistemi di controllo degli impianti industriali, dal software per la gestione degli investimenti alle chat automatiche e agli algoritmi di raccomandazione – rispecchiano i valori di chi le costruisce e influenzano l’organizzazione della città, del lavoro, della privacy, dell’accesso alla conoscenza. Le strutture architetturali a loro volta modellano le organizzazioni: ci sono le intelligenze artificiali che risiedono nei grandi datacenter dei giganti come Microsoft e Google, generaliste e affamate di energia, quasi tutte funzionanti grazie a chip e a piattaforme ipercostose come quella della Nvidia, governate dal potere della finanza; e ci sono le intelligenze artificiali, efficienti e focalizzate, che si trovano negli oggetti, nelle lavatrici, nelle automobili o nelle telecamere per la sicurezza, e che girano su semiconduttori e piattaforme ad architettura distribuita, come quella della Stm, orientate a innovazioni di prodotto alla portata anche delle medie aziende.
Del resto, le intelligenze artificiali generative si allenano su corpora di dati culturalmente diversi e producono conclusioni coerenti con quelle differenze. Le intelligenze artificiali cinesi rispecchiano i testi sui quali si sono formate e la cultura che li sottende: non solo perché non devono fare affermazioni poco gradite al Partito Comunista, ma anche perché sono ispirate da un modo di pensare coerente con la cultura orientale, tanto che, semplificando e sintetizzando, si può osservare che “intelligenza artificiale” si scrive in cinese con i caratteri che richiamano piuttosto l’idea di “saggezza artificiale”. Analogamente, le cultura locale influenza le intelligenze americane, tutte preoccupate di parlare in modo politicamente corretto, ma facilmente trascinabili a dimenticare il perbenismo, rivelandosi in fondo capaci di discorsi estremisti e violenti, o semplicemente disinformati. Le intelligenze europee, anche grazie all’AI Act, si svilupperanno in un ambiente più attento al rispetto dei diritti umani. Di queste, per ora, si sente più la mancanza che la presenza: ma le regole sono anche opportunità.
Vignetta: “teamwork diversità diversity” by Luigi Mengato is licensed under CC BY-SA 2.0.