Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 ottobre 2024
Nell’epoca dei dati e dell’intelligenza artificiale, l’innovazione diventa radicalmente interdisciplinare. La medicina e la farmaceutica, per esempio, fanno ricerca anche con l’aiuto della fisica. E la fisica, come hanno dimostrato i Nobel di quest’anno, persegue strade prima impossibili, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Tutto questo ha conseguenze molto concrete sulle traiettorie delle aziende più avanzante.
Alla Chiesi la pensano così. Come si può migliorare l’efficacia dei farmaci che si assumono con inalatori per farli entrare in circolazione attraverso gli alveoli dei polmoni? Non è più solo una questione di principi attivi. È anche un problema di flussi d’aria, di dimensioni delle molecole dei farmaci, di caratteristiche dei singoli pazienti, di raccolta e interpretazione computerizzata delle immagini e persino di matematica dei frattali. Ed è il punto di partenza di un progetto di ricerca sviluppato da Chiesi con Quantyca – finanziato dalla fondazione I-FAB – per realizzare un “gemello digitale” del polmone.
«Abbiamo progettato di realizzare un digital twin del polmone per simulare tutto il percorso del farmaco dall’inalatore all’alveolo. I problemi sono estremamente complessi. Una parte del “gemello” è costruita con un modello di intelligenza artificiale che abbiamo allenato con una certa quantità di fotografie di polmoni annotate da medici» racconta Ciro Cottini, head of Digital Data Modelling Department. «In questo modo possiamo disegnare meglio gli inalatori, favorire l’assorbimento del farmaco, ricalcolare le dosi, accorciare le fasi di test». E Andrea Benassi, Modelling & Scientific Computing Scientist aggiunge: «La ricerca deve studiare quali sono i punti del polmone nei quali il farmaco si può fermare prima di arrivare agli alveoli, si occupa del modo con il quale negli alveoli si unisce al sangue, la dimensione ottimale delle molecole, e così via. Il tutto, per superare i filtri che l’evoluzione ha messo nei polmoni allo scopo di impedire che particelle esterne indesiderate entrino in circolazione».
Il modello sviluppato per il progetto da Chiesi e partner è fondato su un numero relativamente limitato di dati, con una tecnica di intelligenza artificiale che sfrutta soluzioni open source, che consumano poca energia, che valorizzano le competenze interne all’azienda e che anche per questo limitano le “allucinazioni”, cioè gli errori statistici peraltro tipici di queste tecnologie. «Si scopre che la simulazione che si può realizzare con questi strumenti è una tecnica di ricerca estremamente efficace» osserva Benassi. Che allarga il ragionamento: «Le stesse automobili di formula uno sono modellate sempre più spesso con simulatori che si dimostrano talvolta persino più utili delle gallerie del vento».
Insomma, nella grande convergenza che la fisica e l’intelligenza artificiale stanno rendendo possibile, i confini disciplinari sono sempre meno chiari e i metodi per migliorare i prodotti della cura si fanno più integrati. Di questo, probabilmente, dovranno tener conto le agenzie pubbliche che valutano le soluzioni farmacologiche e che stabiliscono i percorsi di sperimentazione che servono ad accettare le innovazioni. L’intelligenza artificiale ridurrà i tempi e aumenterà la produttività della ricerca scientifica e tecnologica. Le conseguenze sono tutte da scrivere. E questo avverrà anche in Europa. Anche in Italia.