Le competenze degli adulti nel mondo sviluppato sono peggiorate rispetto a dieci anni fa. Mentre si discute incessantemente sull’impatto dell’intelligenza artificiale nel lavoro e si sostiene la necessità di un salto di qualità nelle abilità cognitive delle persone, queste vanno in crisi: la capacità di leggere, di fare i conti e di risolvere problemi tra gli adulti di età compresa tra i 16 e i 65 anni in 31 paesi, rilevata dall’Ocse intervistando un campione composto da circa 155mila persone, registra risultati inferiori a quelli del precedente studio del Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIAAC), realizzato una decina d’anni fa. Occorre che politici, sindacalisti, imprenditori e cittadini ne discutano: perché la forma di ricchezza più importante dell’epoca della conoscenza si sta consumando.
Come dieci anni fa, i paesi nei quali le competenze sono più elevate sono la Finlandia, il Giappone, la Svezia, la Norvegia, l’Olanda, l’Estonia. In pratica, in questi paesi è elevata la percentuale di persone che sono in grado di eseguire operazioni in più passaggi per integrare, interpretare o sintetizzare informazioni provenienti da testi piuttosto lunghi; sono in grado di fare inferenze complesse e di applicare in modo appropriato le conoscenze di base, nonché di interpretare o valutare affermazioni o argomentazioni sottili e sofisticate. Sono anche bravi con i numeri e la logica: possono analizzare e fare ragionamenti complessi su quantità e dati, statistiche e relazioni causali, rapporti spaziali, proporzioni e formule. Inoltre, sanno concepire le strategie più adeguate per risolvere i problemi.
Rispetto a dieci anni fa, se non si considerano i paesi del Nord Europa, tutti gli altri hanno visto peggiorare i loro risultati per quanto riguarda la comprensione di testi scritti anche complessi. I risultati peggiori sono stati registrati in Polonia, Corea, Slovacchia, Stati Uniti, sia per il linguaggio che per la matematica. Francia, Germania e Spagna peggiorano nella lettura e migliorano leggermente in matematica. In tutti i casi, il peggioramento dei risultati è principalmente dovuto al sensibile calo delle competenze delle persone che ne hanno di meno: la polarizzazione è il male sociale del secolo.
L’Italia mostra una leggera diminuzione dei risultati sia nella comprensione dei testi che nelle competenze matematiche. Ma il problema è che non ha migliorato rispetto a dieci anni prima, restando nelle ultime posizioni della classifica, ben al di sotto di Francia, Spagna, Germania che comunque non brillano. L’Italia è sotto la media Ocse in tutte le competenze. Il divario tra gli adulti che vivono in Italia con elevati livelli di competenza e quelli con livelli bassi è aumentato. I giovani hanno peggiorato la loro performance di 6 punti in capacità di lettura, mentre le generazioni più mature hanno registrato risultati peggiori di 18 punti in capacità di lettura. E comunque la quota di italiani che partecipano a esperienze di formazione non supera il 36%, contro il 47% della media europea.
«Si possono suggerire diverse spiegazioni di questi risultati» spiega Stefano Scarpetta, direttore dell’Ocse per l’occupazione, il lavoro e gli affari sociali. «Il primo punto è che queste competenze di base — che sono essenziali per poter navigare un mercato del lavoro in profonda mutazione devono essere sostenute ed utilizzate — quello che non si usa si perde. Ora l’uso eccessivo dei social media che ci porta a utilizzare un linguaggio molto semplice non allena il cervello alla lettura di testi complessi. Le esperienze lavorative, del resto, nella gran parte dei casi, non sembrano stimolare un miglioramento delle competenze di base. E anche la formazione per gli adulti è spesso indirizzata a sviluppare competenze tecnico professionali specifiche e non a stimolare le competenze più di base». Probabilmente ci sono anche considerazioni da fare sulla qualità dell’istruzione: per esempio, in media, chi ha fatto l’università in Italia risponde peggio di chi ha fatto la scuola secondaria superiore in Finlandia. Peraltro, Scarpetta aggiunge: «Il dato preoccupante è anche l’aumento della distanza tra i più e i meno competenti. Ed è documentabile come un maggiore livello di competenza aumenta le probabilità di avere un lavoro più remunerativo, una maggiore soddisfazione nella vita e un maggiore impegno civico». L’Italia è anche caratterizzata da un disaccoppiamento maggiore degli altri paesi Ocse per quanto riguarda le competenze dei lavoratori e quello che viene richiesto dal lavoro svolto: ci sono insomma molte persone che non riescono ad utilizzare a pieno le loro competenze nel lavoro che svolgono ma anche altre che ritengono di non avere le competenze adeguate per svolgere al meglio il loro lavoro. «Il riconoscimento, la certificazione delle competenze concrete dei lavoratori è quindi essenziale per assicurare che tutto il potenziale capitale umano possa essere utilizzato anche perchè molti datori di lavoro in Italia ci dicono di non avere una visione chiara del potenziale di competenze concrete dei loro lavoratori», conclude Scarpetta.
Il peggioramento complessivo delle competenze linguistiche in generale nei paesi Ocse e il mancato miglioramento delle competenze degli italiani è dunque un dato preoccupante. Si perdono occasioni per migliorare il reddito, la felicità e la coesione sociale. Se si arrivasse a provare che questo è conseguenza dell’uso dei social network occorrerebbe aumentare gli sforzi per migliorare la dieta mediatica delle persone. A questo proposito, una ricerca pubblicata su Pnas da Walter Quattrociocchi della Sapienza di Roma e altri – condotta analizzando oltre 300 milioni di testi pubblicati in otto diverse piattaforme – dimostra che negli ultimi 34 anni il linguaggio usato dagli utenti dei social media è andato progressivamente impoverendosi, con una sempre minore lunghezza dei testi e una sempre minore varietà dei termini utilizzati. I motivi per lanciare progetti di nuove piattaforme, qualitativamente migliori, si moltiplicano.