Il potere dei BigTech

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore l’8 gennaio 2025


Gli alchimisti del XXI secolo hanno trasformato il silicio in oro. E l’oro in potere. Le BigTech, le grandi imprese digitali, hanno costruito infrastrutture gigantesche e indispensabili per la vita di miliardi di persone producendo capitalizzazioni e profitti tali da essere capaci di operare qualsiasi decisione, indipendentemente dalle regole del mercato e, spesso, dalle regole dello stato. I loro fondatori hanno conosciuto un successo apparentemente inarrestabile, le loro piattaforme hanno “scalato” a dimensioni planetarie, le risorse che hanno a disposizione sembrano illimitate. Hanno costruito la loro personalità e identità dichiarandosi dedicati a “cambiare il mondo”. Sicché, dopo i soldi, vogliono anche il potere, per affermare la loro visione. Del resto, operano in un contesto nel quale anche i potenti della politica si sgangiano dalle regole e affermano uno stile di comando autoritario. È facile dunque osservare che si è aperta una nuova grande partita del potere. In questo momento si assiste a una saldatura tra il potere politico e quello tecno-finanziario. Nei prossimi mesi si comprenderà quale dei due aspetti del nuovo potere sia destinato a usare, o essere usato, dall’altro.

Il cambio di prospettiva è stato repentino. Fino a qualche anno fa, in effetti, la crescita delle aziende tecnologiche andava di pari passo con una sorta di ideologia progressista, nella quale l’innovazione che produce opportunità per tutti cresceva parallelamente alla sensibilità per le istanze della transizione ecologica e per il rispetto delle relazioni sociali. Il digitale sembrava democratico. Oggi tutti i grandi leader delle aziende digitali vanno a omaggiare il nuovo presidente repubblicano, Donald Trump, come del resto avevano fatto la prima volta che era stato eletto. Del resto, l’amministrazione di Joe Biden non aveva lesinato gli sforzi per far valere le regole antitrust contro il loro eccessivo potere sul mercato. Ma le scelte di Elon Musk e, con qualche ritardo, di Mark Zuckerberg, fondatori di SpaceX e Meta, non sono dettate, pare, soltanto dall’interesse congiunturale di sintonizzarsi con il potere trampiano. Sembrano volerlo influenzare. Anzi, addirittura cavalcare.

Musk è più avanti. Elon Musk, la persona più ricca del mondo, ha avviluppato il pianeta con le sue tecnologie. Il sistema Starlink, pienamente controllato dalla sua SpaceX, in effetti, è un’infrastruttura potente per connettere a internet qualsiasi parte del mondo. Le automobili Tesla sono tutte connesse ai computer centrali dell’azienda e raccolgono dati sui loro utenti per allenare il sistema di autopilotaggio. L’acquisizione di Twitter, rinominata X, ha aperto per Musk una relazione con centinaia di milioni di utenti che alleneranno i modelli di intelligenza artificiale di xAI. Zuckerberg insegue. Ma può mettere in campo la sua indubbia influenza sui tre miliardi di utenti delle sue piattaforme e dei sistemi di intelligenza artificiale che guidano il loro accesso alle informazioni. 

Per adesso il grande potere di Trump e quello di questi imprenditori si sta semplicemente allieando. Prima o poi, si capirà chi è il burattinaio.