Un lascito effimero di Biden nella geopolitica dei microprocessori

Una versione di questo pezzo è uscita sul Sole 24 Ore intorno alla data riportata in calce


Il governo americano uscente ha voluto lasciare un segno profondo sulla politica delle esportazioni dei microprocessori più avanzati per l’intelligenza artificiale, evidentemente per imporre il suo punto di vista sulle decisioni della prossima amministrazione. In effetti, a pochi giorni dall’insediamento del nuovo presidente Donald Trump, il dipartimento del Commercio di Joe Biden ha messo in piedi un’architettura normativa complessa e ambiziosa che limita le esportazioni ma soprattutto intende dare una forma al futuro sviluppo del sistema dei datacenter, il fondamento infrastrutturale della prossima economia dell’intelligenza artificiale. 

L’urgenza di questo intervento è soprattutto motivata da ragioni di sicurezza. Gli americani sono convinti che il futuro del predominio militare sul pianeta sarà scritto dalle tecnologie “dual use” che fanno funzionare l’intelligenza artificiale, quelle insomma che possono essere usate sia per scopi civili che militari. Per tenere sotto controllo la diffusione di queste tecnologie, secondo il governo Biden, occorre che anche le imprese digitali accettino alcune importanti restrizioni.

L’idea è che i chip più sofisticati non devono proprio arrivare nei paesi avversari, come la Cina, la Russia, l’Iran e la Corea del Nord. Devono restare in gran parte negli Stati Uniti e nei paesi strategicamente alleati: il gruppo dei partner più stretti, Australia, Canada, Regno Unito, Nuova Zelanda, che con gli Usa sono chiamati nel gergo della sicurezza i “cinque occhi”; il gruppo dei partner industriali più importanti per la catena del valore dell’intelligenza artificiale, cioè Giappone, Olanda, Corea del Sud e Taiwan; i principali alleati della NATO, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia. Tutti gli altri paesi dovranno negoziare con gli Stati Uniti per avere accesso alle tecnologie. Ci saranno limiti alla vendita diretta di chip avanzati, certo, ma saranno controllate anche le vendite indirette. Il piano americano è complesso. Lo scopo è governare il processo di distribuzione della capacità di calcolo per l’intelligenza artificiale nel mondo, anche imponendo limiti alla quantità di datacenter che le stesse Microsoft, Amazon, Google potranno costruire in quei paesi. 

Un esempio anticipatore di questo sistema, che può servire da esempio per capire come gli americani vorrebbero che funzionasse, è il caso di G42, l’impresa dedicata all’intelligenza artificiale che ha sede negli Emirati Arabi ed è controllata in larga parte dallo sceicco Tahnoon bin Zayed, fratello del capo dello Stato. Quest’area del mondo è da tempo al centro di un confronto tra le strategie tecnologiche americane e cinesi. Il governo di Biden è riuscito a ottenere una piena adesione di questa azienda – e degli emirati – agli standard di sicurezza americani grazie a una lunga trattativa condotta dalla segretaria al Commercio Gina Raimondo: così G42 ha rinunciato a usare le tecnologie della cinese Huawei, ha potuto accedere alle tecnologie americane e ha ottenuto un investimento da 1,5 miliardi di dollari da Microsoft.

Il limiti di questo sistema sono evidenti. Innanzitutto richiede un complicato insieme di negoziati con tutti i paesi coinvolti, alcuni dei quali sono molto importanti, dal Brasile al Sudafrica, dall’Arabia Saudita all’India, dall’Indonesia alla Nigeria, e così via. In secondo luogo, non è detto che riesca a impedire alla Cina di sviluppare i suoi microprocessori avanzati: in fondo quel paese ha dimostrato di essere in grado di compiere avanzamenti tecnologici fondamentali. Il caso della citata Huawei, che è riuscita a spiazzare la concorrenza americana ed europea sulle tecnologie per le telecomunicazioni, è forse il più noto. Alla fine le restrizioni americane potrebbero indurre i cinesi a moltiplicare gli investimenti e gli sforzi per dotarsi di tecnologie più vicine a quelle degli Stati Uniti. In terzo luogo, la decisione del governo Biden arriva a pochi giorni dall’insediamento di un’amministrazione di stampo molto diverso. Il che rende meno prevedibile il finale della storia.