Una versione di questo pezzo è uscita sul Sole 24 Ore intorno alla data riportata in calce
Gli annunci sui miliardi da investire nelle infrastrutture per l’intelligenza artificiale hanno lo scopo di occupare il futuro: un po’ per ottenere risultati tecnologici, ma un po’ anche per conquistare vantaggi psicologici. Meglio imparare a distinguere.
In effetti, la partita dell’AI sarà lunga e complessa. Siamo solo all’inizio anche se i risultati scientifici e tecnologici ottenuti fin qui sono straordinari. Ma si farà molto di più, nella medicina, nell’industria, nella finanza, nell’educazione, nella pubblica amministrazione, negli armamenti. Servono ricerca, imprenditorialità e infrastrutture, appunto, per addestrare i modelli e per farli girare. È per questo che sono necessari investimenti per molti miliardi di dollari, euro, yuan. Non manca chi sostiene che il ritorno su questi investimenti per ora non si vede: le applicazioni hanno permesso di ottenere qualche miglioramento nella produttività, ma l’invenzione di soluzioni rivoluzionarie, tali da creare mercati radicalmente nuovi, si manifesterà con il tempo.
Anche per tutti questi motivi, finora nessuno dei grandi giocatori è riuscito a ottenere una posizione difesa dalla concorrenza. Molti tentano di proclamarsi capaci di conquistare posizioni di leadership o di negare la condanna all’arretratezza. Gli americani lo fanno con la forza dei loro modelli e con i muscoli degli investimenti che sono in grado di promettere. Certo, sui numeri reali non mancano i dubbi, come quelli instillati dai commenti di Elon Musk, proprietario tra l’altro di xAI, all’uscita del piano Stargate da 500 miliardi annunciato da Sam Altman leader di OpenAI. Un paio di giorni fa, i 109 miliardi annunciati dal presidente francese Emmanuel Macron, sono apparsi enormi ma teoricamente proporzionati. Ieri il piano proposto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen richiede chiarimenti ma indica una strada: 200 miliardi, di cui 50 pubblici e il resto a carico delle grandi aziende tecnologiche europee. Si apre la strada per la costruzione del CERN dell’intelligenza artificiale e per la destinazione all’AI del 15-20% dei mille miliardi di euro di investimenti in ricerca e sviluppo previsti per i prossimi tre anni. Naturalmente gli europei sono ben felici di sottolineare che i risultati tecnologici si ottengono più con la competenza che con i miliardi. E portano l’esempio della cinese DeepSeek: che per fare un modello di potenza simile a quello di OpenAI non ha speso 6 milioni come comunicato all’inizio, ma neppure troppo più di 2 miliardi. Il tutto nella necessità sempre più chiara di risparmiare energia. Insomma, decodificando la comunicazione, tutti sanno che, in una partita che durerà a lungo, non ci possono essere già i vincitori e i vinti.