La dimensione più sofisticata e generativa di una politica disegnata per accelerare lo sviluppo dell’innovazione è la dimensione territoriale.
L’Italia è un paese più ospitale per le startup innovative grazie alle novità introdotte dai governi degli ultimi due anni. Ma il capitolo territoriale non è andato avanti altrettanto. Il capitolo sulla dimensione territoriale del rapporto Restart Italia, una raccolta di istanze strategiche per facilitare la vita delle startup realizzato dalla task force voluta dal governo nel 2012, deve essere ancora scritto.
Non è un caso. Mentre è relativamente facile concepire una politica per ridurre le barriere che frenano l’innovazione, è molto più difficile pensare una strategia per alimentare l’energia umana, culturale e sociale che serve a concepire l’opportunità di lanciare una startup e a decidere di farlo.
Molte città e regioni, anche in Italia, si stanno dotando dell’attrezzatura concettuale necessaria ad affrontare il tema. Il contesto territoriale può essere reso più o meno favorevole dalla qualità delle infrastrutture che connettono all’economia internazionale, dalla diversità di esperienze offerte ai giovani, dalla presenza di role model che ispirano all’imprenditività, dalla disponibilità di competenze, dall’accesso a centri di formazione e ricerca, dall’esistenza di aziende già grandi che sanno che l’ecosistema dell’innovazione costituisce un ambiente decisivo per il loro stesso sviluppo. E da una leadership che riesca a interpretare la missione del territorio nel contesto della globalizzazione. Non si tratta solo di precondizioni quanto di una rete di legami dinamici tra gruppi sociali, realtà aziendali, eredità culturali, azioni pubbliche che hanno conseguenze sull’approccio al futuro della popolazione. Il territorio è la piattaforma fondamentale per leggere la prospettiva. E per passare all’azione.