Franco Bernabè ha conversato con alcuni blogger, a Rovereto, con l’occasione della Blogfest e dell’inaugurazione di una mostra dedicata agli Impressionisti al Mart. Un incontro di chiaro significato simbolico: «Il tempo del lavoro dedicato a sistemare i problemi ereditati dalla precedente gestione è finito. E ora possiamo cominciare a lavorare in serenità, sapendo che quello che conta è liberare le forze della rete, per contriburie alla modernizzazione del paese».
I blogger hanno, con molta cortesia, fatto presente a Bernabè quanto la rete attenda con ansia una svolta nella qualità dell’infrastruttura digitale italiana. Hanno toccato molti temi, dalla costruzione del network a larga banda di nuova generazione alla net-neutrality, dall’innovazione nel modello di business della Telecom Italia al tema dello scorporo della rete, dalla necessità di rafforzare la ricerca alla capacità dell’azienda di attirare i talenti migliori, dal digital divide alla cultura web 2.0 dei manager di Telecom Italia… Domande poste con molta cortesia e fermezza (più cortesia che fermezza, per la verità, tanto che l’amministratore delegato chiosa «mi aspettavo domande più cattive»), cui Bernabè ha risposto cercando soprattutto di presentare una visione sintetica di ciò che vuole costruire con la sua azienda, ricorrendo molto spesso a racconti autobiografici a testimonianza di quanto fosse d’accordo con le obiezioni di fondo che gli venivano proposte, talvolta richiamandosi ai vincoli finanziari cui deve sottostare, e quasi sempre dicendo che è venuto il tempo di cambiare. «Proprio nel momento più buio della notte, si comincia a vedere la luce dell’alba» ha detto, confucianamente, il consigliere di PetroChina.
Non è stato tenero, Bernabè, nel suo giudizio sugli effetti dell’Opa che ha portato la Telecom Italia a sottostare alla volontà e all’interesse di un «padrone». Quell’episodio è stato, ha detto, «un delitto contro il progresso del paese: ha tolto risorse alla Telecom Italia proprio nel momento in cui doveva investire per il futuro. Quando ho criticato l’Opa non l’ho fatto per un interesse di manager, ma perché immaginavo quello che sarebbe successo. E che si è puntualmente verificato. È anche per tigna che ho accettato di tornare. E resto fino a che non avrò risolto il problema».
Il problema, peraltro, è gigantesco. Si tratta di arrivare a un equilibrio che renda compatibili i 42 miliardi di debito lordo con la necessità di investire, proprio in una fase di grande trasformazione del business delle telecomunicazioni. «Abbiamo sempre avuto tutte le competenze necessarie. Abbiamo la possibilità di mettere i conti in ordine, anche perché non subiamo più il drenaggio finanziario derivante dalla necessità che avevano i precedenti azionisti di destinare a dividendo enormi risorse. Abbiamo una motivazione forte, perché sappiamo che lavoriamo per noi e per tutto il paese. E possiamo introdurre una forte discontinuità nel nostro modo di operare, grazie ai sistemi di collaborazione che nell’epoca della wikinomics possiamo attivare. Questo incontro con i blogger, il popolo della rete, per me è anche un segnale forte in questo senso».