L’Economist ha scritto: “L’economia è la scienza che studia perché le sue previsioni non si sono avverate”. E l’applicazione di questa massima della quale si parla di più attualmente riguarda il fatto che la bassa disoccupazione negli Stati Uniti non si sta traducendo in un aumento dell’inflazione, come sarebbe previsto dai modelli economici tradizionali e spiegato in tutti i manuali di economia. La globalizzazione ha reso tutto il sistema più complesso e mette in difficoltà ogni modello vagamente lineare. Ma anche la digitalizzazione dà il suo contributo. Un operatore finanziario come Graham Tanaka lo aveva capito in tempi non sospetti. Nel suo libro del 2004, “Digital Deflation”, ha mostrato come le imprese digitalizzate abbiano comportamenti non conformi con le regole tradizionali. Queste imprese, in un certo senso, sono figlie della legge di Moore e mostrano un andamento particolare: migliorano costantemente i prodotti senza aumentarne il prezzo e generano una forma strutturale di deflazione. In generale, la digitalizzazione dell’economia è un generatore di crescita senza inflazione, con migliore produttività e qualità dei prodotti ma senza aumento dei prezzi. In effetti, il costo delle attività umane collegate con le grandi imprese digitali non cresce se non per le mansioni “core” e i profitti delle grandi piattaforme sono grandi in termini aggregati ma sono piuttosto limitati se si considerano i volumi di transazioni: aziende come Facebook o Netflix fanno uno o due dollari di profitto per utente servito all’anno. Del resto, la maggior parte del valore delle piattaforme è generato dagli utenti, come nel caso appunto di Facebook, tanto che un osservatore come Antonio Casilli propone di ridefinire gli utenti come “lavoratori digitali”: ma si tratta di lavoratori che non percepiscono alcun guadagno monetario. La digitalizzazione contribuisce alla crescita macroeconomica, dice McKinsey altri. Ma questa crescita non è collegata con aumento dei prezzi: le concezioni che vedono la la digitalizzazione come operazione finanziaria, con più capitale e meno lavoro, oppure come progresso tecnico a parità di prezzo, o ancora come forma di risparmio sui costi, o infine come aumento della concorrenza, non generano ovviamente aumento dei prezzi. Con questo si dovrà convivere. Fino all’emergere di una visione diversa.
Articolo pubblicato su Nòva il 25 ottobre 2015