Di breve periodo si può soffocare. Senza una prospettiva non c’è motivazione per operare scelte coraggiose: c’è solo reazione alle crisi. Per questo il discorso tenuto, martedì scorso, dal presidente del Consiglio Matteo Renzi al Piccolo di Milano per presentare il progetto di intervento per il dopo-Expo che prevede la costruzione di un grande centro di ricerca guidato dall’Iit è stato importante: perché ha dichiarato l’intendimento di cominciare a guardare ai prossimi vent’anni, dopo aver dedicato i passati 20 mesi alle questioni più immediate. Affascinante, visionario e coerente con il progetto annunciato quel giorno.
Non gli basterà, però, ribadire il concetto sabato prossimo, in occasione di un evento alla Reggia di Venaria, dedicato allo sviluppo digitale. Perché la prospettiva di lungo termine è credibile solo se l’esperienza che si compie nel breve è coerente. E finora, sull’agenda digitale, lo storytelling è stato arrembante, ma i passi compiuti sono stati meno che incisivi, sia dal punto di vista dell’accesso in banda larga sia per quanto riguarda la modernizzazione dei servizi.
Ci si può augurare che il governo lo ammetta, ci si può aspettare che rilanci, si può peraltro scommettere che avrà bisogno di arrivare con un progetto concreto e nuovo.
Non ci sono motivi per pensare che il governo non abbia a cuore il tema della modernizzazione digitale, casomai si può pensare che non abbia avuto il tempo di metterla in alto nelle priorità. Ma se ora si sposta sul medio e lungo termine, il governo non ha alcuna credibile possibilità di riuscita senza una visione coerente con l’azione. Certo, gli interessati al digitale, in Italia, sono abituati a coltivare la pazienza. Ma almeno sperano in una spiegazione del piano finora inespresso che potrebbe rendere comprensibile il dimezzamento delle spese pubbliche in tlc proposto con la legge di stabilità. Sprecare di meno è sacrosanto: ma, per investire meglio, un piano ci deve pur essere.
Articolo pubblicato su Nòva il 15 novembre 2015