A qualche mese dall’annuncio dell’incarico a Diego Piacentini, commissario per la modernizzazione digitale italiana, si avvicina il momento in cui, dopo la metà di agosto, il manager lascerà Amazon per un periodo di aspettativa e verrà a Roma a fare il lavoro che ha offerto al suo paese. Ma nonostante i mesi che sono trascorsi, non è ancora stato comunicato il decreto di nomina, il sistema di deleghe e l’insieme delle risorse in base alle quali Piacentini potrà sviluppare il suo compito. Spesso in effetti, occorre che una attività diventi urgente perché venga portata a termine. Ma qui si tratta anche di un labirinto che non deve essere facile risolvere: Piacentini dovrà mettere in ordine le strategie e l’operatività di molte strutture, da quelle che si occupano delle sue materie e che esistono nei vari ministeri, all’Agid, alla Sogei, alla Consip. E tutto questo richiederà qualche leva operativa precisa, non soltanto l’indubbia autorevolezza del manager.
Nel migliore dei mondi possibili, la governance della modernizzazione digitale non dovrebbe costituire una difficoltà per Piacentini: il suo vero problema dovrebbe essere quello di cambiare architettura al sistema digitale dello Stato, in modo che non sia più basato sulla digitalizzazione dell’esistente ma sull’accelerazione del possibile. L’architettura attuale è fondata sull’idea di trasformare i processi abituali in modo che si possano svolgere con il computer. L’architettura del futuro dovrebbe essere basata sull’obiettivo di consentire un miglioramento sensibile della qualità del servizio pubblico per i cittadini senza aggravio di costi o possibilmente con qualche risparmio. E in modo tale da contribuire all’accelerazione del sistema dell’innovazione italiano, anche facendo ricorso a tecniche di forward looking procurement.
La speranza è che il labirinto della governance, del quale manca ancora la mappa-decreto, non sia più complesso della realtà che l’incarico ha l’obiettivo di migliorare.
Articolo pubblicato su Nòva il 17 luglio 2016