La concezione olistica del sistema economico secondo la quale i fini non sono separati dai mezzi, quella che nega l’esistenza delle esternalità, positive o negative, insegna che il valore quantitativo non può essere compreso senza approfondire il senso qualitativo del prodotto, del consumo, del lavoro. In fin dei conti, le formulazioni di questo genere di approcci sono sempre diverse – dall’economia della felicità all’economia circolare, passando per la sharing economy – ma la struttura della ricerca è spesso simile. Si tratta cercare la concretezza dell’economia nella sua sostanza umana. Il che, in teoria, è pienamente legittimo: non a caso ci sono fior di premi Nobel assegnati a studiosi ed economisti che hanno adottato questo genere di impostazione. E ci sono fior di politiche economiche orientate in questa direzione: l’obiettivo classicamente europeo della sostenibilità, in effetti, si persegue costruendo sistemi che non consumano più risorse di quelle che restituiscono. E va osservato che la sostenibilità, cioè la capacità di un sistema economico di durare, non è settoriale: riguarda la qualità dell’ambiente ma anche la qualità delle relazioni sociali e delle identità culturali. È notevole come tutto questo raccolga spesso più consensi di facciata che di sostanza, essendo invece una tematica di sostanza e per nulla di facciata. I decisori che si dichiarano più concretamente orientati ai risultati e che li cercano negli obiettivi quantitativi immediati anche usando strumenti che nel lungo termine distruggono valore, sono a tutti gli effetti poco realistici: sono convinti che le scelte urgenti vengano prima di quelle importanti. Il prossimo salto di qualità consiste proprio nella definitiva capacità dei sostenitori dell’approccio olistico di introdurre soluzioni che garantiscano risultati migliori a breve e a lungo termine, superando l’apparente e insensata contraddizione tra le due dimensioni temporali. A questo genere di obiettivo si dedicano le aziende e le iniziative che cercano di sviluppare innovazione tecnologica e sociale nel rispetto dei vincoli di bilancio ma accettando la responsabilità di connettere il valore con i valori. Perché trovino il loro successo, queste attività hanno bisogno di un’infrastruttura logica e finanziaria che le sappia incentivare e premiare. Proprio per la loro qualità innovativa, la società non sa che cosa aspettarsi da tutto questo. Ma l’adotterà quando ne vedrà il senso.
Articolo pubblicato su Nòva il 23 dicembre 2016