Il rischio si gestisce. Il rischio si corre. Il rischio si limita. Ma anche: il rischio si immagina. Perché si può calcolare in qualche modo il rischio, ma solo per le eventualità che – anche se non sappiamo se accadranno – siamo certi che possono accadere. Il rischio dei rischi è quello che si corre quando non si riesce a immaginare la possibilità che un evento accada. Anche su questo tipo di rischio si può lavorare. Ma non tanto con il calcolo quanto con la cultura e la capacità di allargare la visione del possibile. È importante? La risposta varia nei diversi periodi storici: ma quando ci sono trasformazioni radicali, allargare l’immaginazione per tener conto del rischio che accada qualcosa che non sembra possibile è più importante. La ricerca artistica, forse, ha anche questo scopo. E, nello specifico, la fantascienza sembra fatta apposta per allargare l’immaginazione intorno alle conseguenze delle scoperte scientifiche e degli avanzamenti tecnologici. La Microsoft con il progetto “future visions” ha sostenuto una ricerca basata, appunto, sulla capacità immaginativa e narrativa di un gruppo di scrittori di fantascienza. La ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, peraltro, pongono a chi la produce e a chi la deve utilizzare una domanda di fondo: come si inserirà questa scoperta o questa novità nel flusso della vita umana? Nei casi di maggiore successo, le funzioni previste dai progettisti sono superate dall’immaginazione degli utilizzatori. Molte cose possono andare storte. Ma un sistema resiste e anzi migliora con le perturbazioni – è “antifragile” nel linguaggio di Nassim Taleb – se è progettato con la consapevolezza del rischio dei rischi: il rischio connesso agli eventi che non si immagina che possano accadere, i Cigni Neri, quelli che contraddicono la teoria e le convenzioni dominanti. Gli innovatori si preparano soprattutto a questi rischi. La sicurezza, in questo contesto, non è più un muro che tiene fuori i problemi: diventa una cultura, un atteggiamento, una disponibilità alla collaborazione, un’attenzione per i dettagli e gli indizi.
Articolo pubblicato su Nòva l’8 febbraio 2017