Le persone che non sono nutrite a sufficienza nel mondo sono diminuite negli ultimi 15 anni da un miliardo a 800 milioni. Ma il World Food Programme – sulla scorta della strategia dell’Onu – è impegnato a contribuire a ridurre a zero quel numero entro il 2030. Quindi, per riuscire, investe nell’accelerazione di startup e tecnologie per migliorare la distribuzione di cibo e il controllo dei flussi monetari destinati all’acquisto di cibo: punta sui big data, la blockchain, la tecnologia idroponica. Il che presuppone l’idea che anche nei posti più poveri del mondo si stia arrivando alla digitalizzazione, come testimonia Robert Opp direttore dell’innovazione al Wfp. Intanto, ad Alghero, la scuola di social innovation voluta da Stefano Cucca, Rumundu, aiuta la crescita delle imprese di innovazione sociale: interpreta le opportunità offerte dalla contemporaneità per realizzare risultati socialmente sensati in un contesto che sta perdendo popolazione. I dati non cessano di ricordarci che siamo digitali, sebbene in modo polarizzato. La complessità del contesto internettiano è ampia e profonda: ma è la realtà. E con essa devono fare i conti le imprese sociali che vogliono raccogliere fondi e aiutare in modo efficiente le persone che sono connesse alla rete. Il futuro ha bisogno di investimenti nella conoscenza che anche nel non profit cominciano a essere sfidanti. La nozione di intelligenza collettiva, per esempio, in questo contesto, appare una frontiera decisiva per le organizzazioni socialmente impegnate che fanno dell’innovazione il loro ruolo strategico: si può migliorare la modalità con la quale le persone decidono insieme investendo nel design di migliori piattaforme per lo scambio di informazioni di qualità destinato al coordinamento delle decisioni collettive? Alcune grandi fondazioni italiane, Cariplo e Compagnia di Sanpaolo in testa, stanno lavorando alla loro agenda digitale. Per avere un impatto, le imprese sociali devono conoscere internet, avere una presenza consapevole online, comprendere la trasformazione della rete con l’avvento del mobile, competere in ordine all’efficienza con le piattaforme commerciali, vincere con i valori ma anche con la semplicità d’uso e l’attrattività dei servizi. Perché restando fuori dalla rete, le imprese sociali perdono occasioni di fare il loro lavoro oggi: ma soprattutto accorciano il loro domani.
Articolo pubblicato su Nòva il 5 luglio 2017