Quando pensiamo al futuro delle nostre città, immediatamente ci focalizziamo sul concetto smart cities. Subito entriamo in un tourbillon tecnologico dove l’obiettivo del futuro diventa come realizzare e implementare il maggior numero possibile di dispositivi tecnologici.
Penso sia opportuno fare un passo indietro, ripartire dai concetti di base e domandarci: quali sono gli elementi che fanno sviluppare e crescere una città? Cosa desideriamo da una città nel futuro?
Innanzitutto: che cosa è una città? Giovanni Botero, filosofo italiano del Rinascimento, sostiene che una città non è la dimensione dello spazio interno alle sue mura, ma le persone che decidono di vivere insieme ricercando la loro felicità. In altre parole, sono le persone che identificano la comunità e la città che prospera è quella mette le basi perché le persone possano ricercare la propria felicità.
Per costruire la città del futuro dobbiamo cioè partire dagli essere umani e sta agli abitanti decidere quale comunità desiderano costruire e che ruolo darle.
Una città, innanzitutto, esiste solo se c’è lavoro e per avere una città prospera e in crescita, dobbiamo quindi pianificare quali attività svolgere, come integrarle nell’ambiente senza danneggiarlo, ma preservandolo, come fornire infrastrutture che sostengano la loro competitività. E quindi, prima di tutto, dobbiamo sviluppare quelle competenze che renderanno la comunità vincente e attrattiva.
Le città che vogliono crescere, le città smart, non sono quindi una sfida tecnologica, sono invece un ecosistema complesso di sviluppo sociale. L’architettura urbana e l’integrazione della natura sono certamente il punto di partenza, mentre le infrastrutture sono la spina dorsale per garantire la migliore utilizzazione degli spazi sociali e favorire servizi innovativi per cittadini e turisti.
Nelle ultime decadi, le città si sono sviluppate secondo un concetto di segregazione di spazio: aree industriali, residenziali, verde, commercio, ecc. L’evoluzione della tecnologia ha stravolto questa impostazione e le nuove comunità possono integrare nello stesso spazio cultura, produzione, commercio, divertimento. La manifattura additiva, ad esempio, può ormai essere effettuata in piccoli spazi, vicino al cliente finale, con modelli di aggregazione di servizio che superano la barriera tra produzione e commercio, mentre la distribuzione si riduce allo scambio di file tra chi ha sviluppato il prodotto, l’idea e chi la produce e fornisce direttamente vicino al cliente finale.
È evidente che il continuo scambio di informazione tra cittadini e cose, permesso dalle infrastrutture distribuite e dai sensori IoT, dove abitanti e turisti sono allo stesso tempo utilizzatori e generatori di informazione, sono la base per lo sviluppo dell’economia e di servizi di qualità.
In questa profonda trasformazione, l’elemento guida è la creatività e la capacità degli abitanti di sviluppare nuovi modelli sociali e economici. La tecnologia, infrastrutture digitali, mobilità pubblica e privata, distribuzione dell’energia e dell’acqua, sono gli elementi necessari per costruire il futuro. I mezzi, non il fine. Le comunità che sapranno sempre più trasformarsi verso un’economia basata su innovazione, conoscenza e creatività, sviluppando e attraendo innovatori, nuovi business e nuovi investimenti risulteranno vincenti e potranno offrire una vita più felice ai propri abitanti. Per questo motivo, per far crescere le nostre comunità, dobbiamo porre la creazione di centri di conoscenza, di creatività, ma anche di realizzazione delle idee al primo posto.
Cristiano Radaelli
Imprenditore digitale
Caro Radaelli
la città è il posto dove abita la maggior parte della gente sul pianeta e dove a tendere vivrà la stragrande maggioranza. È il luogo decisivo per definire la qualità della vita, per la trasmissione della cultura, per le decisioni civiche fondamentali e per la lettura delle loro conseguenze: la comunità urbana, la piattaforma tecnologica sulla quale si sviluppa, l’ecosistema nel quale vive scrivono un destino comune per l’umanità. In città si comprende che il senso della tecnologia è nel suo progetto, essenzialmente umano. Tutto il resto è secondario.
Rubrica pubblicata l’8 luglio 2017