A Trieste, 35 persone ogni mille sono impiegate nel sistema della ricerca scientifica: una concentrazione superiore alla media italiana e tra le più alte in Europa. Un grande vantaggio, nell’epoca della conoscenza, purché questa ricerca si connetta alla vita quotidiana, economica e culturale, a livello insieme territoriale e internazionale. Da quando, qualche giorno fa, Euroscience, una grande associazione di scienziati europei, ha assegnato a Trieste il compito di organizzare l’Euroscience Open Forum (Esof) del 2020, il vantaggio si è fatto ancora più concreto. L’iniziativa guidata dalla Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze, presieduta da Stefano Fantoni, ha raccolto l’adesione delle autorità locali, di tutti i centri di ricerca e delle università, delle associazioni imprenditoriali. È l’occasione di fare squadra, pensa Diego Bravar, storico presidente della Tbs, innovativa azienda del medicale nata all’Area Science Park di Trieste e recentemente acquisita da Permira. La vicenda dello sviluppo in un contesto nel quale il valore si concentra sull’immateriale – ricerca, design, informazione – ha bisogno di casi esemplari, perché la società e la politica possano vederne il risultato. Trieste è una candidata fondamentale per svolgere questo ruolo, per l’importanza dei suoi centri di ricerca, per i successi delle sue spin off, per la posizione strategica di collegamento con l’Europa dell’Est. E l’Esof, si spera, servirà pure a ridare slancio all’area del Porto Vecchio, lasciando forse addirittura dietro di sé un grande science center moderno, in grado di fare da cerniera permanente tra la cultura cittadina e la sua missione scientifica. Il 2020 sarà un anno di svolta per la policy dell’innovazione europea, con la conclusione dell’attuale programma quadro. Trieste, e l’Italia, potranno preparare l’Esof e ospitare iniziative di qualità anche per disegnare in modo intelligente il prossimo piano. Occasione da non perdere.
Articolo pubblicato su Nòva il 23 luglio 2017