Immersi nella vita digitale del XXI secolo, gli umani d’Occidente possono essere indotti nella tentazione di dimenticare la profondità storica del loro contesto sociale. Il digitale ha infatti reso meno scarso lo spazio per lanciare messaggi, dunque ha reso più scarso il tempo per dedicare loro l’attenzione che meritano. Questo ha moltiplicato gli sforzi per conquistare quell’attenzione, con il risultato di rendere ancora più difficile discernere tra ciò che è importante e ciò che non lo è. Ma il bello di internet è che non è mai detta l’ultima innovazione. Perché ogni difetto della condizione attuale diventa uno spunto per un ulteriore tentativo di creare qualcosa di migliore. In tutto questo emerge potente il bisogno di soluzioni nuove che possano garantire la qualità che l’attuale sistema nasconde sotto la spessa coltre della quantità di messaggi. Ebbene: la tradizione artigiana, in quanto sorgente che alimenta la cultura della conoscenza di ciò che è fatto bene, è una delle fonti d’ispirazione per una forma di innovazione adatta al bisogno di qualità. E d’altra parte, la tecnologia digitale è una delle fonti di oppurtunità per lo sviluppo del business artigiano, sia in termini di comunicazione che di commercializzazione. Ma tutte le classifiche sull’utilizzo degli strumenti digitali da parte delle piccole imprese artigiane italiane segnalano un potenziale ancora poco sviluppato. A margine del convegno Food Match, organizzato un paio di giorni fa da Food nella sede del Sole 24 Ore, i rappresentanti di Facebook hanno confermato questa impressione e ammesso che il modo per accendere l’attenzione delle piccole imprese italiane è ancora concentrato sul messaggio semplice che collega più digitale a più opportunità di vendita. Ma una volta passato questo messaggio servirà un ulteriore passaggio: non basta essere utenti, serve essere soggetti attivi dell’innovazione digitale per poter portare anche in quel contesto il senso della qualità profonda che gli artigiani testimoniano. Strada lunga. Ma promettente.
Articolo pubblicato su Nòva il 7 marzo 2018