Articolo scritto con Stefano Scarpetta, Director, Employment, Labour and Social Affairs, OECD, pubblicato su Nòva, il Sole 24 Ore, il 16 luglio 2023.
In economia, l’intelligenza artificiale è una sfida cognitiva, organizzativa, produttiva, di prima grandezza. A giudicare da quanto ne parlano e ne scrivono, gli umani hanno davvero bisogno di comprenderne le conseguenze. E non ci stanno riuscendo. Anche perché, spesso, si trovano a dibattere su un problema troppo nuovo per avere una soluzione: sicché, quando si domandano se l’intelligenza artificiale potrà sostituire gli umani nelle loro funzioni, proiettano nel futuro i loro preconcetti. Ma quando invece di concentrarsi sulle previsioni, distopiche o positiviste, si focalizzano sulla progettazione dei sistemi nei quali l’intelligenza artificiale viene impiegata, il loro giudizio cambia, si fa più concreto. Il suggerimento di David Autor, economista del MIT, resta il più saggio: «Più che pensare a quello che può fare l’intelligenza artificiale, è meglio pensare a quello che vogliamo che l’intelligenza artificiale faccia per noi».
Il nuovo Employment Outlook 2023 dell’Ocse, uscito nei giorni scorsi, esplora il tema dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro nei 38 paesi membri. Il rapporto distingue tra le conseguenze della digitalizzazione in generale e i cambiamenti generati dall’introduzione dell’intelligenza artificiale in particolare.
Per quanto riguarda la digitalizzazione, l’Ocse ha analizzato tutte le mansioni svolte dalle diverse professioni e ha raccolto le opinioni di esperti in grado di ipotizzare quali mansioni potranno essere automatizzate entro i prossimi dieci anni. Da questo punto di vista, si scopre che il 27% dell’occupazione totale nei paesi Ocse è in professioni con alto rischio di automazione. Si tratta prevalentemente di professioni che richiedono competenze non molto sofisticate.
L’intelligenza artificiale ha impatto soprattutto sulle professioni che richiedono competenze sofisticate, per esempio gli avvocati, i giornalisti, i designer, gli ingegneri. Con quali conseguenze? L’inchiesta dell’Ocse basata su 2mila imprese e 5,3mila lavoratori che usano intelligenza artificiale ha consentito di scoprire che il lavoro umano è cambiato ma non è stato sostituito. L’intelligenza artificiale è stata usata in maniera complementare alle funzioni già svolte dai lavoratori. Le imprese che usano l’intelligenza artificiale sono di solito medio-grandi e sono incerte sui suoi sviluppi futuri. In qualche caso usano il turn-over e non rimpiazzano i lavoratori che escono dall’impresa, ma non hanno preso drastiche decisioni di sostituzione di lavoratori con algoritmi. Nulla di tutto questo è definitivo: in generale, le imprese intervistate hanno dichiarato di essere in fase sperimentale, di perseguire l’obiettivo di ridurre i costi, di riscontrare una mancanza di personale qualificato per usare l’intelligenza artificiale. In questi casi, il personale non si sente minacciato: anzi, tre quarti dei lavoratori che usano l’intelligenza artificiale hanno aumentato la loro produttività e tre quinti si dichiarano più soddisfatti. Ma la tecnologia procede a passi da gigante e se pensiamo al potenziale dell’intelligenza artificiale generativa (ChatGPT) è possibile immaginare che essa possa comportare una riduzione nei posti di lavoro di ingresso per i giovani in diverse professioni, dagli avvocati ai designer: le loro funzioni sono tipicamente concentrate sull’assistenza ai partner più anziani.
La ricerca dell’Ocse riguarda il machine learning adattato al mondo della finanza e a quello della produzione industriale. Le soluzioni applicate sono usate nelle politiche del personale e nelle attività produttive che vengono sempre più robotizzate, oltre che per il monitoraggio delle performance dei lavoratori.
In generale, il gradimento e la performance dei lavoratori che usano intelligenza artificiale sono migliori quando le aziende li hanno consultati prima di introdurre la tecnologia. Se il management ha spiegato bene l’innovazione e introdotto regole facilmente comprensibili, allora i lavoratori si sentono motivati e rassicurati. In ogni caso è necessario pianificare forti dosi di formazione.
In tutto questo, l’innovazione normativa è necessaria. L’Europa ha correttamente deciso di vietare gli usi più rischiosi dell’intelligenza artificiale, come il social scoring e il riconoscimento facciale in luogo pubblico, e ha invitato a combattere l’uso di dati che producano distorsioni pericolose nell’abilità previsiva delle macchine.
La valutazione dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulle imprese manifatturiere e finanziarie è ancora un obiettivo per ulteriori studi e ricerche. Ma un fatto è chiaro: i cambiamenti generati dall’intelligenza artificiale saranno orientati in diverse direzioni, non solo verso le trasformazioni positive e non solo verso quelle che avranno effetti negativi. Molto dipende dalla progettazione e dalla ricchezza culturale delle squadre che disegnano queste tecnologie ma anche dal quadro normativo all’interno del quale saranno inquadrate.
Foto: “Artificial Intelligence & AI & Machine Learning” by mikemacmarketing is licensed under CC BY 2.0.