Google accusata di pratiche monopolistiche per difendere la supremazia del suo motore di ricerca, d’accordo con Apple (MacRumors e Bloomberg). Facebook avrebbe promosso Instagram con messaggi pubblicitari diretti agli adolescenti su YouTube, d’accordo con Google (The Verge e FT). Si saprà se queste accuse porteranno a qualche conseguenza, ma intanto si tratta di notizie che avvalorano un’impressione sempre più chiara: le Big Tech sembrano farsi concorrenza, ma in realtà si accordano come oligopolisti.
Ma c’è probabilmente ancora di più. Vili Lehdonvirta ne parla nel suo libro “Cloud Empires. Come le piattaforme digitali stanno superando gli stati e come possiamo riprendere il controllo” (Einaudi 2023, v.o. 2022). Le Big Tech ormai sono anche istituzioni che dirimono controversie, stabiliscono regole, impartiscono sanzioni: come fossero stati.
Si sta compiendo una mutazione. Le grandi corporation digitali si stanno trasformando. Erano semplici aziende. Sono sempre più dei sistemi di potere.
Del resto, gli stati e le grandi imprese sono entità meno diverse di quanto non sembri, come osserva David Runciman nel suo “Affidarsi. Come abbiamo ceduto il controllo della nostra vita a imprese, stati e intelligenze artificiali” (Einaudi 2024, v.o. 2023).
Da decenni la lezione di Fernand Braudel viene sottovalutata. Un’idea dell’economia piuttosto ideologica ha suggerito che capitalismo e sistema di mercato fossero la stessa cosa. Ma secondo lo storico francese, il capitalismo non ha niente a che fare con il mercato. Il mercato è un luogo nel quale si svolgono gli scambi leali tra produttori e consumatori, un’istituzione tendenzialmente protetta dalle consuetudini e dalle leggi in modo che nessuno possa sopraffare gli altri. Il capitalismo è un livello dell’economia completamente diverso, nel quale i grandi finanzieri e mercanti non sono particolarmente interessati a competere, essendo già giganteschi: piuttosto difendono il loro potere alleandosi in ogni modo con il potere politico, spesso confondendosi con il potere politico. Braudel ne parla nel suo “Civiltà materiale, economia e capitalismo” (Einaudi 2006, v.o. 1979).
Il tentativo epocale dell’Unione Europea di limitare il potere delle Big Tech, articolato in una serie di leggi e regolamenti, non può essere sufficiente, ma è molto importante. Soprattutto se darà la spinta a una fioritura di iniziative che creino alternative ai servizi delle Big Tech. Perché è chiaro che nonostante le affermazioni di principio, le Big Tech non riescono a resistere alla tentazione di approfittare del loro potere.
La cittadinanza è ancora lontana da una chiara consapevolezza di tutto questo. Gli scandali che riguardano gli adolescenti, le notizie che mostrano come le Big Tech si siano approfittate della fragilità dei giovanissimi per aumentare il loro potere, potrebbero generare finalmente più attenzione e consenso nei confronti dei tentativi di limitare quel potere.