Baruffe tra padroni

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore il 20 novembre 2024


Con l’ipotesi di separare Google dal browser Chrome, prosegue l’escalation nel confronto tra BigTech e BigState. Non più semplici multe miliardarie che non mettono troppo in difficoltà le piattaforme, ma il temuto spezzatino, anche se in questo caso piuttosto limitato. L’Unione Europea e gli Stati Uniti – ma anche la Cina sebbene con mezzi diversi – hanno dimostrato di ritenere giunta l’ora di limitare il potere delle più grandi aziende digitali, quelle che, in assenza di regole, hanno conquistato un ruolo centrale nell’infrastruttura fondamentale dell’epoca della conoscenza, facendo soldi a palate ma anche assumendo ruoli di quasi-governo per alcuni miliardi di persone. Una domanda si fa strada, però: questo confronto continuerà con l’avvento dell’amministrazione americana “teleguidata” da Elon Musk, a sua volta imprenditore digitale? Almeno fino a quando non litigherà con il presidente Donald Trump, Musk rappresenterà gli interessi di BigTech o avrà altro in mente?

L’imprenditore sudafricano non va molto d’accordo con altri mega miliardari del digitale. Ha baruffato con Larry Page, co-fondatore di Google-Alphabet, che lo ha insultato con il termine “specista”: in un’accesa discussione sulla singolarità Musk non ha dimostrato di credere, come Page, che l’evoluzione tecnologica condurrà tutti gli umani a fondersi nelle macchine intelligenti dando vita a una nuova specie. Ha pensato di fare a botte in diretta streaming con Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook-Meta. Ha criticato Sam Altman, per aver trasformato OpenAI, campione dell’intelligenza artificiale generativa, da “non profit” a “for profit”, e implicitamente ha criticato anche Satya Nadella, leader della Microsoft. E forse si sente in una relazione di competizione più che di cooperazione con Jeff Bezos, fondatore di Amazon e, come Musk, pioniere dell’esplorazione spaziale privata. Non è detto che Musk voglia rappresentare questi suoi rivali. Ma è pur vero che si lascia ispirare da amici come Peter Thiel e, forse, Mark Andreessen, finenzieri ed esperti manovratori del rapporto tra potere digitale e politico, molto attenti alle esigenze militari americane. E ha affermato che le tecnologie delle BigTech sono essenziali per aiutare gli Stati Uniti a prevalere sulla Cina.

 

Sicché Musk potrebbe essere tentato di consigliare il governo di Trump in modi diversi sulle BigTech, inseguendo, di volta in volta, la convenienza apparentemente incoerente dei suoi interessi e punti di vista, per ergersi a decisore di ultima istanza sui temi più complessi della contemporaneità, tra sostenibilità e piattaforme digitali, esplorazione spaziale e infrastrutture militari. O almeno ci proverà. E difenderà chi accetta questa sua leadership. A questo punto, forse, a Page converrebbe ritirare l’accusa di “specismo”.