La narrativa che porta a Stargate non è la sola possibile

Una versione di questo pezzo è uscita sul Sole 24 Ore intorno alla data riportata in calce


Stargate è un nuovo capitolo di una storia che il mondo della tecnologia ha già letto. La storia di un sistema che produce sempre nuovi e più potenti modelli di intelligenza artificiale generativa moltiplicando i parametri con i quali mette insieme i dati e produce i suoi risultati. Il che implica la moltiplicazione della potenza di calcolo degli insiemi di computer che devono far girare quei modelli per elaborare quei dati e quei risultati. E poiché quei computer funzionano con microprocessori specializzati sempre più potenti e costosi, prodotti da pochissime aziende nel mondo, gli investimenti necessari per proseguire nel percorso innovativo sono sempre più ingenti.

È una storia che sembra fondata sui fatti. I risultati dei grandi modelli come quelli di OpenAI sono talmente interessanti che questo percorso di progresso sembra destinato a mietere successi sempre più importanti. Ma è davvero così?

Le opinioni critiche si concentrano su due aspetti. Il primo è il ritorno sugli investimenti. Da qualche tempo gli analisti segnalano una possibile bolla dell’intelligenza artificiale. Goldman Sachs è stata probabilmente la prima ad accennare alla possibilità che i livelli attuali di investimento potrebbero essere esagerati. Il secondo aspetto critico è più dimostrato: il costo energetico dei datacenter che servono all’intelligenza artificiale è sempre più elevato. Secondo la International Energy Agency il consumo di energia per far funzionare i computer per l’intelligenza artificiale raddoppia tra il 2020 e il 2026 ed è destinato a crescere in seguito. In effetti, Microsoft ha deciso di investire nella centrale nucleare di Three Miles Island, Google e Amazon investono in una serie di piccole centrali nucleari. Nel frattempo per il raffreddamento dei sistemi elettronici occorre acqua, che a sua volta è una risorsa scarsa. 

Insomma, il problema è chiaro: il modello di progresso dell’intelligenza artificiale che è stato avviato da OpenAI è sostenibile?

La risposta potrebbe anche essere poco importante se non esistessero alternative. Esistono però una quantità di startup e progetti scientifici che puntano a ottenere risultati qualitativamente paragonabili a quelli dei grandi modelli come ChatGPT e che usano molta meno energia elettrica. E come c’è da aspettarsi questi progetti sono soprattutto presenti in Europa. Uno di questi è portato avanti da Barbara Caputo e la sua squadra a partire dalle ricerche svolte al Politecnico di Torino. E non è l’unico. Qualcuno può dire che i risultati non sono ancora paragonabili a quelli dei grandi modelli. Ma nessuno può escludere che questo filone di ricerca possa riuscire. 

Anche OpenAI e le BigTech sono al corrente di queste considerazioni, naturalmente. Se continuano sulla strada di dubbia sostenibilità che hanno imboccato è perché così hanno ottenuto risultati eccezionali, finora. Ma anche perché la convinzione che l’intelligenza artificiale di punta si possa fare soltanto investendo centinaia di miliardi di dollari scoraggia la concorrenza: Sam Altman ha detto esplicitamente in India che ormai quel grande paese ha perso la corsa per costruire modelli come quelli che fa la sua azienda e ha consigliato gli indiani di lasciare perdere. E probabilmente questa retorica scoraggia anche gli europei, che non riescono a immaginare di poter investire un ammontare come quello consigliato dal rapporto Draghi per avviare una rincorsa tecnologica più che necessaria. Forse la strada per competere non è vincere sui soldi ma sull’intelligenza.