Disegno di legge sull'editoria

Ha ragione Guido Vetere a segnalare l’importanza del disegno di legge sull’editoria. Sul suo blog ci sono tutti i link che servono a conoscere il testo e a seguire le prime reazioni.

La mia impressione è che il testo sia ambiguo ma che non contenga elementi per poter dire che ogni persona che svolge attività che potrebbero essere editoriali sia anche obbligato a comportarsi pienamente come un editore.

Penso anche che i blogger o coloro che scrivono pubblicamente, per esempio per wikipedia, debbano pensare di essere responsabili per quello che scrivono. Solo così, tra l’altro, potranno accrescere la propria credibilità.

In ogni caso, chi scrive qui con Nòva100, coltiva il proprio senso di responsabilità per quanto contiene il proprio blog. E’ forse parte del nostro compito di sperimentatori: ma mi pare che sia uno sforzo che vale la pena di compiere.

  • Marco |

    Ricardo, Ricardo, non Riccardo, ricordatevi che è quello che ha messo in prima pagina la migrazione dei cammelli mentre c’era stata una strage di bambini… molto british

  • Guido |

    Senz’altro il testo del disegno di legge è ambiguo e, come spiega il suo autore Riccardo Franco Levi, lascia all’Autorità per le Comunicazioni il compito di stabilire chi deve iscriversi al ROC e chi no. Insomma, se passasse il testo approvato da Consiglio dei Ministri, non ci sarebbe un chiaro principio di legge a garantire la libertà di espressione, ma solo la valutazione caso per caso dell’Autorità.
    Probabilmente, il testo non passerà in questa forma. Leggevo che Di Pietro, su questo, ha posto il veto (tra l’altro, sarei curioso di sapere chi ha votato a favore e chi contro). Ma io considero piuttosto scioccante che una classe politica tutta protesa a predicare la partecipazione e aprire siti web 2.0, anche per esorcizzare l’antipolitica del più noto blogger italiano, proponga poi una legge che consentirebbe ad un’authority governativa di mettere vincoli a lui, a noi e a tutti quanti.
    No, Luca, io ci non vedo niente di positivo in questa storia. Siamo alla schismogenesi. Ne parlerò in prossimo post – finché sono in tempo … 🙂

  • luigibio |

    tutti noi ci assumiamo le nostre responsabilità, tuttavià quella editoriale è un’attività, mentre avere un blog è come parlare in una piazza, esprimendo delle opinoni che non sono titolate.
    Questa è la grande differenza con l’editoria, che invece è titolata a dare informazioni che dovrebbero essere verificate e certificate come tali.
    L’idea è che se io VOGLIO essere un editore e farne un’attività, mi muovo nel rispetto delle leggi sull’editoria e qualifico il mio sito come una testata giornalistica VOLONTARIAMENTE, se volgio fare 4 chiacchiere al bar posso farlo senza timore di esprimere la mia opinione, anche al bar sono passibile di pene per ingiurie o diffamazione, ma non è un’attività.
    L’idea che le mie 4 chiacchiere possano essere ritenute a giudizio di una commissione ‘attività editoriale’ è assurdo e kafkiano: al bar o in piazza nessuno può impormi di iscrivermi in un registro e strutturarmi con titoli vari prima di prendere la parola ed esprimere la mia opinione.
    Quello che questa legge ha di perverso è che:
    1 vogliono rendere editoria le 4 chiecchiere al bar
    2 si diventa editori perchè lo dice qualcun altro e non su base volontaria (è come dire che se ti consiglio un amaro per digerire qualcun altro mi obbliga ad iscrivermi all’ordine dei medici e ad avere una laurea in medicina, sebbene io sia un ingegnere e non pratichi l’attività medica).
    Saluti luigibio

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