La musica del passato non passa

Si insedia il nuovo capo della Emi. E penso che non sarà facile per lui. A meno che non sia un vero innovatore. Senza se e senza ma… Perché nel suo settore il passato non ritorna:

Se in seguito a una sorta di restaurazione si arrivasse a ristabilire la sovranità tradizionale sulla musica, rimettendo al loro posto le teste coronate delle major, si potrebbe cancellare il senso e il risultato raggiunto dalla rivolta dei consumatori e dalla rivoluzione degli innovatori internettiani? Quali conseguenze avrebbe una regolamentazione pensata, per esempio, per consentire il controllo capillare dei navigatori, chiamando i provider di accesso alla rete a impedirne usi illegali espellendo dal web gli utenti che si scambiano file soggetti a diritto d’autore? È possibile immaginare un ritorno al passato?

Domande che possono stupire i pochi che non si sono accorti di come il business della musica abbia subito negli ultimi dieci anni una devastante, creativa, caotica trasformazione. Una generazione ha smesso di pagare per la musica registrata, una nuova etnia di musicisti ha cominciato a vivere di concerti cercando di diversificare i modi per distribuire il risultato della loro arte, una quantità di innovatori ha lanciato iniziative imprenditoriali di ogni genere approfittando delle opportunità di disintermediazione e ridefinizione dei ruoli offerte dalla rete. Le vecchie major, già oligopoliste del mercato globale, hanno reagito dapprima con sufficienza, poi con terrore, lanciandosi in una battaglia di grandissima intensità combattuta dagli uffici legali e dalle lobby. Recentemente, hanno cominciato ad adattarsi. E a cercare nuovi modelli di business. Saggiamente: la rivolta dei consumatori è stata illegale, ma ha aperto la strada a una trasformazione irreversibile.

Anche perché gli ultimi risultati dell’innovazione internettiana sembrano fatti per liberare l’accesso a ogni tipo di musica registrata pur restando nei confini della legalità, o poco oltre. Come nel caso di SeeqPod, segnalato da recentemente da Wired: un motore di ricerca musicale che trova in rete qualunque brano, dai Beatles agli Squallor, e consente di ascoltarlo ogni volta che si vuole, senza farlo scaricare sul computer dell’utente. Anche SeeqPod deve fronteggiare gli avvocati delle major, ma ha molte probabilità di farcela. Intanto, su Sellaband e SlicethePie i nuovi gruppi musicali trovano finanziamenti tra i fan per produrre e commercializzare i loro album: è uno dei fenomeni che aiutano ad allungare la coda della curva della distribuzione della musica disponibile in rete e concorrono ad abbassare i picchi dei bestseller. E ancora: TuneCore aiuta i musicisti a pubblicare i loro brani su iTunes, Amazon, Rhapsody e altri negozi online. E TheHypeMachine consente di seguire le discussioni in rete sulla musica aumentando il valore delle recensioni scritte dal pubblico attivo e contribuendo a diminuire l’importanza della comunicazione di marketing via radio e tv sulle novità musicali.

Nessuna di queste iniziative ha un grande potere. Ma ciascuna ne erode un po’ al sistema tradizionale e, con il suo piccolo o grande successo, crea comportamenti e abitudini che non si cancelleranno facilmente. Il passato, nella musica, sembra proprio passato.

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  • Giorgio |

    Caro Luca, concordo: mi sono occupato per anni di questo tema su una piccola rivista di settore e finalmente – con un ritardo penoso – penso che le major siano arrivate a una presa di coscienza, seppur ancora molto parziale, dei cambiamenti in atto. Credo però che oltre al fenomeno distributivo andrebbe valutato, e con attenzione e cura, il cambiamento nelle abitudini d’ascolto dovuto ai nuovi media e alle nuove modalità di distribuzione. La diversa tracciabilità della musica, le nuove modalità di scambio e discussione, soprattutto delle fasce più giovani stanno mutando la musica dallo status di “prodotto” a quello di “servizio”. Già Evan Eisemberg nel suo bellissimo “L’angelo con il fonografo” (credo fosse il 2001…) si chiedeva cosa sarebbe successo nel momento in cui avremmo avuto a disposizione quantità enormi di brani, gratuitamente. Siamo arrivati lì: e qualcosa sta succedendo, credo, nella nostra percezione. Qualcosa che ha a che fare con il nostro profilo cognitivo.

  • Francesco |

    Ciao Luca,
    magari non te ne fai niente, ma (qualche giorno prima che lo facesse Wired) io ne avevo cercati e segnalati un centinaio, di siti che consentono di scaricare legalmente e gratuitamente la musica…
    http://rockonomics.wordpress.com/2008/06/25/cento-siti-da-cui-scaricare-musica-gratis-legalmente/
    Buon weekend
    Francesco

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